(di Andrea Bisicchia) “I colori dell’anima. I greci e le passioni”, edito da Cortina, fa parte di una trilogia che vede, al centro della ricerca, il rapporto tra anima e follia, anima e sogno, anima e passioni. Guidorizzi adatta, all’ultima ricerca, un materiale preesistente che, in parte, aveva già utilizzato nel libri precedenti, ma che indirizza verso la categoria prescelta.
Per fare un esempio, nel primo caso, che cos’è la follia se non una passione estrema, senza limiti, prodotta da un impulso che non si riesce a governare? E che cos’è il sogno, se non la realizzazione di una passione vissuta in uno stato onirico? E cosa sono le passioni, se non un aspetto del nostro stato emotivo che si confronta con la nostra stessa dimensione cognitiva, per comprendere se il pathos sia un prodotto o un sottoprodotto della nostra coscienza?
Guidorizzi analizza due forme diverse di passione, quella epica e quella familiare, ricercando, al loro interno, il modo con cui si manifestano attraverso l’ira, il pianto, la pietà, il terrore. Inoltre divide le passioni maschili da quelle femminili, quelle interne da quelle esterne, quelle umane da quelle cosmiche, tutte, spesso, generate dalla passione d’amore. Tale è l’ira di Achille, di Aiace, di Ulisse, di Menelao, generatrice di una passione oscura, quella della violenza. Tali sono il pianto, la gioia, la vergogna, la commozione, il dolore, generate da una alterazione del cervello, o dalla necessità di compiere determinate azioni.
Per quanto riguarda le passioni familiari, Guidorizzi si sofferma sul parricidio e l’incesto, argomento preferito dal genere tragico, impossibile da prevedere senza l’apporto dell’irrazionale e di impulsi ineluttabili causati dalla necessità (ananke).
Eppure i contributi della tragedia alla psicologia sono immensi. Senza il mito di Edipo, forse, non sarebbe nata la teoria freudiana dell’incesto come desiderio del figlio di congiungersi alla madre. Dirà Giocasta a Edipo, figlio e marito: “Molti sognarono di unirsi alle loro madri”, versi citati da Freud nell’ “Interpretazione dei sogni”. Guidorizzi assicura che il mito dell’incesto esiste già nella “Fenicie” di Euripide, benché l’accoppiamento del figlio con la concubina del padre, avvenga prima che si consumi la loro passione. Si tratta in fondo di un incesto sui-generis.
Al contrario, le passioni femminili, quelle di Medea, Fedra, Giocasta, Clitemnestra, Alcesti sono dovute a effetti emotivi diversi, a emozioni che hanno radici profonde, al contrario di altre figure femminili, come la Pizia di Delfi, Merope, madre adottiva di Edipo, la Sfinge che, essendo invasate, sono considerate donne senza passione, anche perché la passione di queste è una forma speciale di follia, quella che coincide con la passione della passione, ovvero con la passione cosmica generata da Eros, come dire che il problema delle Origini vada ricercato in questa forza cosmica, la più vicina alle leggi di Natura che sentono il bisogno di rinnovarsi continuamente, grazie ad essa, proprio perché si impossessano dell’Anima, da intendere come luogo della passione universale.
Giulio Guidorizzi, “I colori dell’anima. I greci e le passioni”, Cortina Editore, 2017, pp.180, € 19.