MILANO, venerdì 10 febbraio ► (di Paolo A. Paganini) Sir Noël Coward (1899-1973), versatile commediografo inglese, autore di operette e pantomime musicali di successo, ma anche sceneggiatore, regista e facitore di canzonette, saggista e arguto narratore. Registi come Hitchcock, Lubitsch, David Lean e, ultimo, Stephan Elliott (“Matrimonio all’inglese”, 2008) girarono film tratti dalle sue commedie.
Questo per dire che “Spirito allegro”, visto ora al Carcano, poteva essere non solo una piacevole occasione di interesse storico e teatrale, ma anche una succosa occasione di divertimento.
Questo pluri-inflazionato “Spiritello”, imperversante fra teatro e riduzioni cimematografiche, è rimasto simbolo di bellica resistenza morale, continuando ad essere rappresentato anche in una Londra sotto le bombe, quando s’era da poco conclusa la tremenda battaglia d’Inghilterra sopra la Manica, ma con una guerra che ancora incombeva dal cielo tra bombardieri e successive V1 e V2.
Ma “Spirito allegro” continuò “scandalosamente” ad andare in scena, insistendo, con cinica indifferenza, a parlare di morti e di spiriti che ritornano, mentre la gente moriva davvero, al fronte e sotto le macerie di Londra. La commedia, ricordiamo, fu infatti messa in scena la prima volta nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale. E in realtà fu duramente criticata per come rappresentava con così poco rispetto un argomento serio come la morte. Ma il pubblico non si curò di così poco. Voleva divertirsi, dimenticare per un paio d’ore gli orrori della guerra. E ne decretò uno straordinario successo nonostante le critche, tanto che la commedia rimase in scena per quasi duemila repliche nel West End.
Orbene, senza più bombe, ma ora con una ben altra cappa di preoccupazioni, in questo funereo clima di angoscia civile, economica e politica, nonostante il nostrano periodo del semel in anno licet insanire, e lo chiamano carnevale, “Spirito allegro”, per una naturale legge del contrappasso, continua a far ridere. Onestamente, più del dovuto, ma tant’è. Teniamolo per buono.
La storia è genialmente semplicissima. Uno scrittore, vedovo di una prima moglie, ora felice sposo in seconde nozze, durante una seduta spiritica si vede piombare in casa il fantasma della prima moglie, la quale ci si trova così bene che non vuole più andarsene. Anzi, finisce che si mette in combutta con la nuova sposina, tanto che alla fine se ne involeranno insieme. E più non dico.
La commedia in due atti (di un’ora ciascuno) risponde a un grande sforzo produttivo, scena imponente e miracolistici trucchi tecnologici: il cosiddetto “video-matting”, che non so cosa sia, ma è strepitosamente interessante, facendo apparire in 3D quello che non c’è.
Ma è tutto l’impianto interpretativo che mostra i suoi intrinseci limiti. O, meglio, mostra un allestimento all’italiana (nonostante costumi, scena e vezzi di snobistica e fasulla anglicità), nel senso che oggi non so più se la cosiddetta Commedia dell’Arte, o all’Improvviso, non sia stata a lungo andare un facile strumento di usurati tic comici più che una onesta macchina da ridere. Il suo limite è stato, ed è, la riduzione di ogni personaggio a macchietta, anche quando non ce n’è di bisogno. E qui, ora, è grande la tentazione di ridurre gli interpreti a stereotipate macchiette. Dalla cameriera cicciona e imbranata alla medium dalle facili trance, all’oca giuliva, moglie dell’incredulo dottore di famiglia. In mezzo, c’è un volenteroso Leo Gullotta, che si dà molto da fare fra le sue due donne, ma che non è certo un esempio di comicità all’inglese, come poteva essere, che so, Rex Harrison nell’omonima riduzione cinematografica del ’45.
Ma tant’è. In platea si divertono tutti come matti. E va bene così. Ci si può ubriacare anche con un onesto vinello di bollicine. Non tutti possono andare a champagne.
SPIRITO ALLEGRO, di NoëlCoward – Traduzione Masolino D’Amico – ConLeo Gullotta, Betti Pedrazzi, Rita Abela, Federica Bern,Chiara Cavalieri, Valentina Gristina, Sergio Mascherpa – Scene Ezio Antonelli – Musiche Germano Mazzocchetti. Regia Fabio Grossi. Al Teatro Carcano, Corso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 19 febbraio.