La coppia Jannuzzo-Caprioglio in un’allegra commediola, “elegante e vacua”, come un Camera Cafè televisivo

jannuzzo e  DeboraMILANO, venerdì 23 gennaio   
(di Paolo A. Paganini) Si ha un bel dire che ciascuno di noi è quello che è. Dai tempi del liceo conosciamo tutti la teoria dell’Homo faber. Certo, ciascuno la propria sorte se la costruisce da solo. Ma anche un aiutino da parte di quella donnaccia che è la Fortuna (un giorno ne parleremo) non fa mai male alla salute.
Tutto questo, dopo aver fatto sfoggio della cultura dei nostri antiqui, ci serve per dire che il sessantenne (eh, il tempo passa!) girgentese Gianfranco Jannuzzo la sua sorte se l’è costruita pezzettino per pezzettino, con l’umiltà di riferirsi sempre ai suoi riconosciuti “maestri” e amici, da Gino Bramieri a Proietti, da Rossella Falk a Scaparro eccetera, e confidando anche su quell’aiutino di Madonna Fortuna, che per lui, in un certo senso, è arrivato quando lo volle la premiata ditta Garinei&Giovannini.
Conosco Jannuzzo dai tempi della “Venexiana” con Valeria Moriconi e, da allora, mi sono sempre aspettato qualche sua grande impresa nella prosa impegnata. Mi lui ha sempre preferito cocciutamente il piccolo cabotaggio. Così, non solo la mia attesa è stata vana, ma, con il tempo, dovetti ricredermi sulle sue scelte (non sempre condividendole, ma Gianfranco non se ne ebbe mai a male). È riuscito infatti a costruirsi un carattere gioioso, multidialettale, con un maestoso sorriso alla Carlo Dapporto, ed una contagiosa simpatia che tutti gli riconoscono. L’Homo faber ha raggiunto il suo scopo.
Ed ora è arrivato il momento di parlare anche di “Lei è ricca, la sposo e l’ammazzo”, una cosina fatta di poco niente, ma di cui tutti ricordano il sornione sarcasmo di Walter Mathau a fianco di una strepitosa Elaine May in un film del ’71. Qui, Gianfranco è in coppia con Debora Caprioglio, ex bomba sexy del maestro dell’Eros Tinto Brass, che, oltre al cinema, le fu regista in teatro di una “Lulù” di Wedekind, che per poco allora, nel ’90, non mi costò la non ambita reputazione di critico dell’erotismo. Ora, la quarantaseienne Debora non è più un’icona del sesso. Il tempo passa per tutti. Ma ha tuttora il più bel davanzale del teatro italiano. Fa la parte d’una ricca, bruttina, svampita entomologa, piena di soldi. Jannuzzo è invece un ex milionario spiantato, sul lastrico e misogino. Soluzione? Sposarsi la riccona, poi ammazzarla, vivere felice e soprattutto libero con i soldi di lei. E continuare a fare la bella vita, senza più donne fra i piedi e senza lavorare. Arriverà dunque il fatidico sì. Ma l’amore, ah l’amour, sarà altrettanto fatale, e tutto si concluderà gloriosamente nell’eterno bacio d’amore.
Per riprendere il nostro argomento iniziale, diremo dunque che Jannuzzo ha coronato il sogno intrapreso e perseguito con tanta tenacia, di consacrarsi come attore brillante. La nostra, commediola, ispirata al citato film di Mathau, riscritto da Mario Scaletta, e con la regia di Patrick Rossi Gastaldi, in due orette con un intervallo, è per tre quarti diventata una scatenata e talvolta riuscita successione di sketches, di quadri e scenette da Camera Café TV, tra il varietà e il vaudeville, la farsa e la commedia.
Gli interpreti: Jannuzzo è dunque attore brillante per eccellenza e consacrazione, e più nessuno gli toglie il titolo, e non parliamone più; la Caprioglio, tra il tenero e il patetico, goffa e impacciata, ingenua e pasticciona, è tutto sommato l’unica attrice “seria” della compagnia, che vede nello staff come “brillante” anche Antonella Piccolo, spigliata e applaudita governante, intraprendente e popolaresca (applaudita anche a scena aperta), e poi, come caratteri, Cosimo Coltraro, Claudia Bazzano, Antonio Fulfaro.
Applausi e risate con moderazione, mentre sul tutto aleggiava, con risvegliati umori di nostalgia, lo spirito del vecchio caro avanspettacolo, elegante e vacuo, per dirla alla Gastone di Petrolini. Per chi non chiede di più, lo spettacolo sarà gradito.

“Lei è ricca, la sposo e l’ammazzo”, di Mario Scaletta, con Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio. Regia di Patrick Rossi Gastaldi. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano- Repliche fino a domenica 8 febbraio.