FAENZA, giovedì 2 novembre ► (di Andrea Bisicchia) – Negli anni Settanta, con “La Rigenerazione”, avvenne la scoperta del Teatro di Svevo, tanto che la commedia, dopo il successo di Tino Buazzelli (1974), fu ripresa da altri mattatori, come Tino Carraro e Gianrico Tedeschi.
A dire il vero fu Squarzina, con la complicità di Tullio Kezich, a far trionfare il romanzo “La coscienza di Zeno”, protagonista Alberto Lionello, nel 1964. Si discusse, in quella occasione, di quanto fosse pertinente la trasposizione scenica di un testo narrativo, visto che qualche critico letterario sosteneva il “dogma dell’intraducibilità”.
Pur facendo storcere il naso ai cultori del romanzo, l’edizione dello Stabile di Genova mostrò come qualche volta la riduzione teatrale di un capolavoro potesse essere utile per approfondirlo ulteriormente proprio con i mezzi del teatro. Da allora “La coscienza di Zeno” è stata proposta più volte, a cominciare dal Rossetti di Trieste, con la regia di Enzo Giraldi, protagonista Renzo Montagnani (1974), per continuare con la regia di Sciaccaluga, protagonista Giulio Bosetti (1994), ed ancora, con la regia di Scaparro, protagonista Giuseppe Pambieri (2013). Sembra che al romanzo fosse stato interessato Giorgio Strehler, che aveva lavorato a una sceneggiatura per trarne un film.
Lo Stabile del Friuli Venezia Giulia lo ha riproposto in un nuovo adattamento, curato da Monica Codena e Paolo Valerio, che ne è anche regista, e che ben si adatta a un bravissimo Alessandro Haber (foto sopra), che abbiamo visto al Teatro Masini di Faenza, esauritissimo.
Come non riflettere, allora, su una serie di luoghi e di personaggi che hanno fatto grande la letteratura mitteleuropea, tutti simili, diversamente inetti, perché hanno deciso di non partecipare attivamente alla vita sociale di un’Europa guerrafondaia, dove contava solamente l’economia bellica.
Zeno Cosini, in fondo, non era diverso da Mattia Pascal né da Ulrich, l’uomo senza qualità di Musil, né da Leopold Bloom dell’”Ulisse” di Joyce, personaggi archetipi, nei quali è difficile non riconoscersi, che si muovono tra città come Trieste, Miragno-Roma, Vienna, Dublino, anch’esse città archetipiche.
Sono gli anni in cui questi autori avevano distrutto l’ordine della narrazione, non più lineare, avendola concepita come un flusso di coscienza, dentro il quale passato e presente si sovrappongono.
Paolo Valerio, ben consapevole di tutto questo, ha costruito uno spettacolo pensando al suo protagonista, inventandosi un alter ego più giovane, interpretato da Alberto Onofrietti che agisce sulla scena, mentre Alessandro Haber diventa protagonista dell’Io narrante, seduto su una poltrona che, in fondo, sostituisce il divano dello psicanalista, dove, anziché scrivere la sua autobiografia su consiglio del Dottor S. preferisce raccontarla, un racconto che Paolo Valerio trasforma in rievocazione, grazie a un uso intelligente della scenografia, con proiezioni, alla Svoboda, di Marta Crisolini Malatesta che cura anche i costumi, dove abbonda il grigio, da intendere come grigiore della vita, arricchita dalle luci di Gigi Saccomandi che, con l’alternarsi dei colori, rimanda all’alternarsi delle scene evocate da Zeno, ma anche dei sentimenti contrastanti, conseguenza di amori sbagliati e di continue infedeltà, all’interno di famiglie che stanno vivendo il trapasso da un tardo romanticismo a quello della crisi identitaria.
Paolo Valerio non rinunzia a certi accostamenti pittorici, come il grande occhio, proiettato sul sipario e, successivamente, su un grande specchio rotondo, che fa pensare a un oblò, che rimanda non solo all’introspezione psicoanalitica, ma anche a Magritte, di cui ricorda il fondoschiena di un quadro famoso, qui mostrato da Carla, ovvero dall’attrice Valentina Violo.
La recitazione evita ogni forma di immedesimazione ad eccezione della scena finale di Ada, della bravissima Chiara Pellegrin, moglie di Guido, interpretato da Emanuele Fortunati, suicida, dopo il disastro economico della ditta, da lui causato. Tutti gli attori, da Francesco Migliaccio, il famoso padre dello schiaffo, a Ester Galazzi, a Meredith Airò Farulla, interprete di Augusta, moglie di Zeno, Riccardo Maranzana, Caterina Benevoli, Gianni Schiavo, concorrono al successo della serata, con un pubblico che non smette di applaudire.
“LA COSCIENZA DI ZENO”, dal romanzo di Italo Svevo. A cura di Monica Codena e Paolo Valerio. Regia di Paolo Valerio. Con Alessandro Haber. Al Teatro Masini di Faenza.
REPLICHE E TOURNÉE
31 ottobre – 2 novembre: FAENZA (RA), Teatro Masini
3 – 5 novembre: BOLOGNA, Teatro Duse
6 novembre: SANREMO (IM), Teatro del Casinò
8 novembre: ROVERETO (TN), Teatro Zandonai
9 – 12 novembre: BOLZANO, Teatro Comunale (Sala Grande)
14 – 19 novembre: FIRENZE, Teatro della Pergola
21 – 26 novembre: VERONA Teatro Nuovo
27 novembre: SACILE (PN), Teatro Zancanaro
28 novembre: GORIZIA, Teatro Comunale Giuseppe Verdi
30 novembre – 3 dicembre: ANCONA, Teatro delle Muse
4 dicembre: MONTEGIORGIO (FM), Teatro Comunale Domenico Alaleona
6 – 7 dicembre: FOGGIA, Teatro Umberto Giordano
8 – 10 dicembre: BARLETTA (BT), Teatro Curci
12 – 14 dicembre: SAVONA, Teatro Comunale Chiabrera
15 – 17 dicembre: FERRARA, Teatro Comunale