La guerra? Un grande affare per tutti i “pescecani”. Grandi e piccoli. Ma per Madre Courage è sopravvivere alla miseria

BAGNACAVALLO (Ravenna), mercoledì 30 ottobre ► (di Andrea Bisicchia) Da che cosa nasce il “terribile amore per la guerra”? James Hilmann ce ne dà una spiegazione nel volume omonimo pubblicato da Adelphi nel 2005, in cui sostiene che la guerra è una pulsione primaria della specie umana, perché contiene una carica libidica superiore a quella di altre pulsioni. “Madre Courage” di Brecht infilza, queste pulsioni, nell’anima e nel corpo della sua protagonista e, pur facendo riferimento alla guerra dei Trent’anni (1618-1648), vuole dirci che le guerre sono tutte eguali, essendo il prodotto di un potere eonomico che, grazie all’industria delle armi, permette la circolazione di una ricchezza immensa, capace di contagiare sia i grandi che i piccoli pescecani, questi ultimi rappresentati da Anna Fierling, che ha fatto, della guerra, l’arma della sua sopravvivenza, scontrandosi proprio col mondo dei grandi pescecani ai quali Brecht alludeva nell’”Opera da tre soldi”.
L’edizione prodotta da Società per Attori e dal Teatro Metastasio di Prato, che ora, dopo la prima napoletana del giugno scorso, ha debuttato al Teatro Goldoni di Bagnacavallo, completamente esaurito, e che ha inaugurato la Stagione di Accademia Perduta Romagna Teatri, si inserisce, in una forma particolare di dialettica all’interno delle quattro precedenti messinscene, quella di Squarzina (1970), con Volonghi-Morlacchi; di Calenda, con Piera Degli Esposti (1991); di Sciaccaluga, con Mariangela Melato; della Pezzoli con Isa Danieli (2008).
Perché si inserisce in forma dialettica?
Perché Paolo Coletta ha spogliato la sua versione da ogni brechtismo di maniera, per puntare all’essenzialità, creando uno spazio scenico astratto, onde evidenziare meglio l’universalità dell’argomento e permettere ai suoi attori di rinunziare a ogni forma di partecipazione o di sentimentalismo per potere accrescere quel distacco epico voluto dall’autore.
La scena è vuota, ma piena di riflettori che rimandano a una sorta di set che non ha nulla a che fare con quello cinematografico o televisivo, perché ciò che colpisce, in questo set, è un grande occhio, spesso arrossato, come il sangue che impregna tutte le guerre, solo che, per il regista, è anche un occhio sonoro inteso come “la voce accecante della Storia”.
Colletta è anche musicista, alcuni suoi spettacoli precedenti: “Interno familiare” (2015), “Il paese di cuccagna” (2019) sono stati costruiti proprio sul rapporto musica e recitazione, nel caso di “Madre Courage”, è intervenuto sulla musica di Dessau, elaborandola e ricostruendola attorno a un trombettista e a due attori in veste di strumentisti. Ha lavorato molto sul testo, per armonizzare le nove canzoni con la recitazione, liberandolo da ogni stratificazione ideologica, per mettere in risalto come la guerra sia soltanto un grande affare che genera vincitori e vinti, vittime e carnefici. La sua vivandiera crede nella guerra come ci credono, oggi, le grandi multinazionali delle armi, per lei, la guerra è diventata la norma della sua stessa esistenza, pur essendone una vittima, che, però, non ha imparato nulla da essa, se non la sopravvivenza alla miseria. In questa ottica, lei non sa rinunziarvi neanche quando la guerra le porterà via i suoi figli.
Coletta, nel suo agile spettacolo, sembra chiedere al pubblico se qualcosa sia cambiato nell’animo umano, dopo tante esperienze di guerra. Forse, nulla. Del resto, compito del teatro, è quello di fare domande.
“Madre Courage” non si puo fare senza l’interprete giusta, Maria Paiato, in piena maturità artistica, dà un contributo straordinario a questo personaggio che vive con pura razionalità, senza l’ottusità, la volgarità, il livore, l’irresponsabilità delle precedenti interpretazioni. La sua vivandiera è senza carro, ovvero senza l’arnese del mestiere, anche perché non ne ha bisogno, volendo essere una portatrice di idee.
Accanto a lei si muove una buona Compagnia, dove spiccano Mauro Marino e Giovanni Ludeno.
Pubblico entusiasta, con battimani che scandivano un pezzo musicale di Dessau-Coletta.

Tournée
5 / 7 novembre: RIMINI, Teatro Amintore Galli
8 / 10 novembre: BOLOGNA, Teatro Duse
12 / 17 novembre: BARI, Teatro Abeliano
19 / 24 novembre: NAPOLI, Teatro Bellini
26 / 28 novembre: UDINE, Teatro Giovanni da Udine
29 novembre: CUNEO, Teatro Toselli
30 novembre: TORTONA, Teatro Civico
1 dicembre: IVREA, Teatro Giacosa
2 dicembre: BORGOMANERO, Teatro Nuovo
3 dicembre: LA SPEZIA, Teatro Civico
4 dicembre: LUMEZZANE, Teatro Odeon
11 / 15 dicembre: CAGLIARI, Teatro Massimo
17 / 19 dicembre: THIENE, Teatro Comunale
20 e 21 dicembre: GROSSETO, Teatro degli Industri
9 e 10 gennaio 2020: CREMONA, Teatro Ponchielli
11 gennaio: VITERBO, Teatro dell’Unione
12 gennaio: LATINA, Teatro Moderno