La libertà di improvvisare. Non sempre è disordine. Per un performer può anche essere un appagante canone culturale

(di Andrea Bisicchia) Il termine improvvisazione viene, spesso, assunto con un connotato negativo, in quanto non rientrerebbe nell’ambito del canone, ovvero di regole che contraddistinguono un’opera ben definita che, per tale motivo, non potrebbe accedere a nessuna categoria estetica. Nel volume “Estetica dell’improvvisazione”, edito da Il Mulino, Alessandro Bertinetto, docente di Estetica moderna e contemporanea presso l’Università di Torino, intende dimostrare il contrario e lo fa con una metodologia ben precisa, sia ricorrendo alla storiografia che alla filosofia, mettendo, il lettore, nelle condizioni di conoscere il rapporto esistente tra azione e improvvisazione e, successivamente, offrendogli una “grammatica della contingenza” , di cui l’improvvisazione non può fare a meno.
La nascita delle prime espressioni artistiche coincide, come è noto, con lo spirito dell’improvvisazione, poiché, in origine, non esistevano norme, né regole a cui appigliarsi, dato che persino la creatività apparteneva alla contingenza ed era generata da una azione sia fisica che intellettiva, tale da comportare una progettazione, una proposta, se non uno stimolo, come dire che l’improvvisazione fosse da ritenere una caratteristica dell’agire umano, una specie di comportamento artistico che può essere generato da un evento imprevisto che in quanto tale può, però, generare disordine, lo stesso che caratterizza le varie fasi dell’improvvisazione.
Bertinetto si chiede quali siano gli aspetti rilevanti che possano giustificare l’improvvisazione artistica e quali possano essere i rischi collegabili ai risultati. In verità, a suo avviso, l’attività di improvvisazione è appagante per chi la pratica, perché offre un margine di libertà non concesso a chi segue un canone ben preciso. Questo si verifica in tutte le arti, dalla pittura alla musica, al teatro, specialmente quando utilizzano la pratica performativa che ha a che fare con l’attimo in cui si compie che, a sua volta, può essere generato da un imprevisto, ovvero dalla contingenza e dalla simultaneità.
È ben noto, ormai, che, in ogni arte performativa, il contributo al valore artistico della performance è sempre variabile, dipende dalle capacità artistiche del performer e dalla sua preparazione, oltre che dalla fase preparatoria. Sappiamo come i Comici dell’arte mettessero sempre in prova l’improvvisazione, e quanto poco concedessero all’imprevisto dato che la recitazione “all’improvvisa” era ben calcolata. Il performer, al contrario, è portato a creare un evento che, in quanto tale, è irripetibile, anzi sembra che la tendenza contemporanea delle proposte performative tenda alla “irripetibilità” dell’evento stesso che va costruito insieme al pubblico ed esibito con un certo virtuosismo in modo tale che invenzione e realizzazione tendano a coincidere.
C’è da chiedersi quali possano essere, per un performer, i margini di libertà, specie se le esibizioni utilizzano le tecnologie digitali che offrono tante possibilità di iterazione e di interazione. Per Bertinetto, l’improvvisazione non comporta necessariamente una violazione delle norme, trovandosi, essa stessa, nelle condizioni di esibire una sua normatività, che ha poco a che fare con l’imperfettibilità. Chi è abituato a ritenere la riuscita artistica di un’opera consistere nella sua compiutezza o perfezione, deve ricredersi, l’improvvisazione si sottrae a ogni forma di vincolo, in nome di una sua idea di libertà, inoltre offre il modello “della dinamica trasformativa dell’arte” che è soggetta alla categoria estetica.
Il giudizio estetico, pertanto, è conseguenza di una esperienza diretta del fruitore e le interpretazioni valutative diventano anch’esse performative, anzi contribuiscono a configurarne l’identità.
Per Bertinetto, le opere d’arte sono “costrutti culturali” e la loro identità dipende dalle attribuzioni di senso. In breve, egli sostiene che “il significato e l’identità delle opere d’arte emergono e vengono (tras)formati attraverso le interazioni improvvisazionali a cui partecipano le opere stesse”.

Alessandro Bertinetto, “Estetica dell’improvvisazione”, Il Mulino 2021 – pp. 200, € 18.
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