(di Piero Lotito) «Son certo che agli alberi, e non a noi, / la pienezza di vita è data intera / sulla terra benigna, sorella delle stelle / noi siamo di passaggio, e loro in patria». Sono i primi versi de Gli alberi, una poesia di Nikolaj Stepanovič Gumilëv, autore russo tra ’800 e ’900 da noi pressoché sconosciuto, tanto è vero che soltanto oggi viene pubblicata una sua prima antologia di versi: Nel giorno in cui il mondo fu creato (Avagliano Editore) a cura di Amedeo Anelli, fondatore della rivista internazionale di poesia e filosofia Kamen e dell’opera anche traduttore. Parliamo dunque di una novità per il lettore italiano, fin qui tenuto pressoché all’oscuro della produzione di questo autore russo, salvo che per alcune, rare composizioni. Eppure, Nikolaj Gumilëv, «voce fresca e forte di protagonista della letteratura internazionale del Novecento» – scrive Daniela Marcheschi in quarta di copertina -, in un’epoca pur affollata di nomi celebratissimi, esercitò grande influenza soprattutto sui lettori più giovani. Ecco, la celebrità. Forse la sua non possedeva la forza che travalica le epoche, ma i suoi versi nitidi, le parole chiare, univoche, corrispondenti alle cose della vita e al loro primo significato, avvincevano i semplici e i cuori desiderosi di eroismo, in contrasto con le mistiche elucubrazioni dei simbolisti.
Nato a Kronštadt nel 1886, Gumilëv studiò nel liceo di Carskoe Selo diretto dal poeta Innokentij Fëdorovič Annenskij (1855-1909). Cominciò a pubblicare poesie nel 1902, e risale al 1905 la sua prima raccolta poetica, Il cammino dei conquistatori. Il successivo trasferimento a Parigi per studiare alla Sorbona introdusse un periodo di grandi viaggi anche in Italia e in Africa, dove, conquistato da quelle culture, il poeta ritornò più volte, partecipando a safari e raccogliendo oggetti e reperti per il Museo di Antropologia e di Etnografia di San Pietroburgo. Gli esotici soggiorni fruttarono ispirazioni per la sua seconda opera, Fiori romantici (1908). Al rientro in Russia, ottenne una collaborazione con la rivista Apollon, qui conoscendo il poeta Maksimilian Vološin (1877-1932), con il quale – a riprova del temperamento fumantino dei verseggiatori – ingaggiò un duello a causa d’una relazione con una… poetessa.
Nel 1910, un incontro fatale: partecipando alle celebrazioni del grande Vjačeslav Ivanovič Ivanov (1866-1949), ebbe un colpo di fulmine per la giovane Anna Achmatova (ma la futura autrice de Il sogno e altre poesie e Poema senza eroe preferiva farsi definire poeta), che sposò di lì a pochi mesi e dalla quale ebbe il figlio Lev. Nello stesso anno pubblicò la raccolta Le perle, anche questa ispirata alle esperienze africane. Nel 1911, volendosi opporre alla esibita e spesso ammantata religiosità della poesia simbolista, fondò con Sergej Mitrofanovič Gorodeckij l’associazione “Gilda dei poeti”, promuovendo una poesia che attingesse alla realtà e, appunto, alla semplicità. Ai due si unirono la stessa Achmatova e Osip Mandel’štam, e il movimento fu definito “adamismo” per il suo richiamo a una originaria purezza di sguardo. Ma la nuova scuola sarebbe passata alla storia come “acmeismo” (da acmé, vertice), nome pare assegnato dagli stessi detrattori e in fondo non rigettato da Gumilëv. Agli ideali dell’“acmeismo” aderì, tra i numerosi altri poeti, Vladimir Nabokov. Gumilëv, che era anche fine traduttore, andava intanto portando in russo il nostro Leopardi e Shakespeare, Gautier, Baudelaire, Villon.
Allo scoppio della Grande Guerra, unico tra i più noti intellettuali russi, si arruolò volontario come soldato semplice, guadagnando riconoscimenti e la promozione a ufficiale di cavalleria. Distaccato in Macedonia durante la rivoluzione del febbraio 1917, in quella d’ottobre si ritrovò a Parigi nel corpo di spedizione russo su quel fronte. Tempo un anno, e nell’aprile 1918 si concluse la sua unione con l’Achmatova. Pur dichiaratamente anticomunista, a fine guerra volle tornare in Russia, dove concorse alla fondazione del Sindacato degli scrittori e pubblicò le sue opere forse migliori: Il falò e La tenda nel 1918 e Colonna di fuoco nel 1921. Proprio nel 1921, nel mese di agosto, accusato di partecipazione a un complotto monarchico, venne fucilato dai bolscevichi insieme con 60 compagni in una foresta nei pressi di Pietrogrado, l’attuale San Pietroburgo. «Non conosco questa vita – ah, essa è difficile… / al mattino azzurro, al tramonto ombre blu». Questi due versi, tra i più belli di Gumilëv, furono certo per lui un doloroso sospiro.
Amedeo Anelli dedica la pubblicazione di Nel giorno in cui fu creato il mondo alla memoria di Eridano Bazzarelli, insigne slavista milanese morto nel 2013.
Nikolaj Stepanovič Gumilëv, “Nel giorno in cui il mondo fu creato” (traduzione a cura di Amedeo Anelli) – Avagliano Editore 2020 – pp. 73 – € 12.