(di Marisa Marzelli) Chi era davvero Maria Maddalena? Una seguace del Messia che assistette alla crocifissione e diede per prima l’annuncio della resurrezione? La sorella del morto e risorto Lazzaro? La prostituta redenta? La moglie di Gesù? La somma di più persone diverse e confuse tra loro? Solo di recente questa figura il cui nome compare nei Vangeli, ufficiali e apocrifi, è stata riabilitata e santificata. Si sa che non è facile ricostruire fatti storici risalenti a oltre duemila anni fa; se poi oltre alla storia bisogna fare i conti anche con la tradizione religiosa, le cose s’ingarbugliano ancora di più. E oggi spesso si tende a leggere tutto con gli occhiali della contemporaneità.
Come nel caso di questo Maria Maddalena che, con sensibilità odierna e senza attenersi più di tanto ai testi sacri, mette il personaggio femminile al centro delle vicende di Gesù e dei suoi apostoli. Il regista è l’australiano Garth Davis, al secondo film dopo l’edificante e di buon successo Lion – La strada verso casa. La sceneggiatura è firmata da due donne (le britanniche Helen Edmundson e Philippa Goslett). Davis non è un provocatore o – se lo è – la sua provocazione è in punta di piedi, rispettosa. Propone un’ipotesi, forse un desiderio onirico. Come ben certificano le suggestive scene iniziali e finali (suggerendo un andamento circolare di racconto) di Maria Maddalena e altre donne che fluttuano nell’acqua.
Però i testi sacri sono difficili da maneggiare, appena si voglia evadere dal santino. L’argomento è sensibile e in altre occasioni si sono incendiate le polemiche. Basti pensare a film come Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini (1964), L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese (1988) o La passione di Mel Gibson (2004). L’accusa di eresia è subito dietro l’angolo. Maria Maddalena è molto più discreto ma il solo fatto di rendere la protagonista il discepolo prediletto di Gesù, mettendo in ombra gli apostoli, a partire da Pietro, è già motivo di sospetto.
Se lo spettatore esperto di Vangeli troverà da ridire su incongruenze storiche e dogmi disattesi, lo spettatore laico penserà forse che il film sfrutti la scia delle rivendicazioni femminili dopo gli scandali nell’industria hollywoodiana (e non solo), l’onda del movimento Me Too e uno sguardo militante sui diritti delle donne. Ma il fatto è che il mondo artistico pare aver colto in anticipo i fermenti nell’aria e cominciano ad arrivare film sicuramente messi in cantiere prima dello scoppio degli scandali, che uscendo ora godono di maggiore attenzione (basti pensare a Nome di donna di Marco Tullio Giordana, attualmente in programmazione nelle sale).
La Maria Maddalena del film (Rooney Mara) è figlia di una numerosa famiglia di pescatori, anche lei ripara le reti. Senza essere particolarmente emancipata (ma ha doti di levatrice), rifiuta il matrimonio combinato dai parenti (che provano persino ad esorcizzarla) e si accoda al Rabbi, di passaggio con gli apostoli durante le sue predicazioni. Sarà lei la più capace di cogliere il senso del messaggio divino. E con la sua spiritualità, empatia, forse intuito femminile – è dolente ai piedi della Croce ed è la prima a vedere Gesù risorto e ad avvisare gli altri – instaurerà un forte feeling soprattutto intellettuale con il Cristo, fatto più di sguardi che di parole.
Il lungometraggio – che non evidenzia una precisa presa di posizione teologica o storica – prima di raccontare l’entrata del gruppo a Gerusalemme, cui seguiranno passione, morte e resurrezione, diventa un interessante confronto a quattro tra la donna, il Messia (un Joaquin Phoenix taciturno e iconograficamente somigliante a Giuseppe Garibaldi, barba incolta e leggermente sovrappeso), un Pietro in odore di maschilismo e invidioso del rapporto speciale tra Maria Maddalena e Gesù (il Chewitel Ejiofor di Dodici anni schiavo, e c’è da chiedersi perché il primo tra gli apostoli sia di colore) e Giuda (Tahar Rahim, diventato famoso con Un profeta. E qui potrebbero aprirsi altri quesiti, perché l’attore francese è di origini algerine e probabilmente musulmane). Giuda è un personaggio intrigante perché non tradisce per i trenta denari, ma perché ha equivocato sul senso di Regno dei cieli; tradendo Gesù tenta di forzarlo a sfoderare i suoi poteri per salvare se stesso. Gli altri apostoli sono invece figure sbiadite e intercambiabili sullo sfondo. Certo, una scena decisamente poco ortodossa c’è, ed è quella dell’Ultima Cena. Dove Maria Maddalena siede alla destra del Redentore.
Rooney Mara è brava, ieratica e fragile ma determinata. Joaquin Phoenix sfrutta il proprio carisma attoriale per interpretare un Gesù più santone che divino. La regia è esteticamente elegante, patinata senza eccedere. Fatta di campi lunghi (molte riprese sono state effettuate nel sud d’Italia, compresa Matera, ormai immancabile per questo tipo di ambientazioni). Ma la mano direttoriale risulta poco incisiva, forse troppo allusiva, rarefatta e qualche volta noiosa. È invece di prima qualità tutto il reparto tecnico.