MILANO, giovedì 27 aprile ► (di Paolo A. Paganini) Già dodici anni fa, in un’edizione di “Misura per misura” di Shakespeare, vista nella milanese Sala Fontana dell’Elsinor Teatro Stabile d’Innovazione, regia di Fabio Sonzogni, in un immaginario “prologo”, sullo sfondo di una Vienna oscura, marcia, decadente, si vedeva un night dove veniva felicemente offerta ogni sorta di promesse peccaminose, dalla droga al sesso.
Ora, in quest’ultimo allestimento della poco frequentata, sbilenca e bellissima “Misura per misura”, con la regia di Jurij Ferrini, al Carcano, con dieci interpreti a coprire la ventina di personaggi dell’originale shakespeariano, l’azione si apre in una specie di fatiscente ambientazione rockettara, buona per tutte le scene (ormai più nessuno ci fa caso), dal palazzo del Duca di Vienna alle segrete della prigione, dove il giovane gentiluomo Claudio attende il boia per aver messo incinta la fidanzata prima del matrimonio. Ma, si sa, quanto più una nazione è marcia tanto più diventa intollerante. E via via la scena fissa farà da pubblica strada o diventerà un postribolo. Ma sarà anche un Convento, dove si trova la novizia Isabella, sorella del condannato Claudio, la quale cercherà di salvare lo sciagurato fratello impetrando il perdono di Angelo, provvisorio vicario viennese in assenza del Duca. E poi, ancora,il fatiscente fondale diventerà, con un po’ di fantasia, la stessa casa di Angelo, uomo ipocritamente pio e virtuoso, che proporrà a Isabella di offrirgli la sua virginale virtù dandosi a lui in cambio della salvezza del fratello. Il Duca, intanto, s’è travestito da frate, umile fra gli umili, diventando via via regista degli avvenimenti, testimone delle malefatte di Angelo e deus-ex-machina. Alla fine metterà tutto a posto, e tutti al loro posto, esercitando, con spicciolo buonsenso, la sempre valida giustizia di dente per dente, cioè di misura per misura, o, per citare il Vangelo secondo Matteo: “… Con la misura con la quale misurate sarete misurati…”.
Angelo, perdonato, sarà unito in matrimonio con la sua vecchia fidanzata Mariana; Claudio sarà graziato; Lucio, maldicente parolaio che sparla sia del Frate sia del Duca, sarà condannato a sposare una sgualdrina; lo stesso Duca, alla fine, fa capire di non essere insensibile alla bella e virtuosa novizia…
Si diceva di questa sbilenca commedia shakespeariana, metà in versi e metà in prosa, metà commedia e metà tragedia, in un groviglio d’intrecci e di temi i più svariati ed opposti: lussuria e castità, egoismo e altruismo, animalità e virtù, ipocrisia e moralità, e con l’esaltazione trionfante di una giustizia che sarebbe inutile senza la compassione e la pietà. Se ne può discutere. Ma non c’è niente d discutere sulla bellezza d’un testo da centellinare in raffinata degustazione. Così non è stato.
Nel pasticciato allestimento firmato da Jurij Ferrini (anche protagonista nel ruolo del Duca), è paradossalmente mancata proprio la regia. Voci in ordine sparso, ora gridate ora mitragliasche e incomprensibili; scenografia povera di mezzi e di idee; interpreti che, a seconda delle azioni, si prestano generosamente a opere di facchinaggio; approssimativi abbozzi musicali, con un accenno di marcia funebre; versione italiana di Cesare Garboli, bella e fedele, ma qui compromessa da alcuni temerari aggiustamenti (ah, il taverniere che in taverna serve il tavernello…!). E non è che al regista siano mancati il tempo e lo spazio. In un’ora e 35 il primo tempo, e in un’ora e cinque il secondo, si possono fare operazioni stilistiche e semantiche di qualsiasi rispettosa creatività. E sul pascoscenico del Carcano puoi allestire tranquillamente tutto quello che vuoi. Qui, invece, in questa eccentrica (!) produzione, dove c’entra anche (!) il Teatro Stabile di Torino, il pressappochismo regna sovrano. E dispiace vedere come la stagione del Carcano, che durante l’anno, in una sua rispettabile dignità, non ha comunque brillato per memorabili avvenimenti teatrali, chiuda ora il cartellone con uno spettacolo così dilettantesco.
Si replica fino a domenica 7 maggio.
MISURA PER MISURA, di William Shakespeare. Versione italiana di Cesare Garboli. Con Jurij Ferrini, Rebecca Rossetti, Matteo Alì, Angelo Tronca, Michele Schiano di Cola, Raffaele Musella, Lorenzo Bartoli, Sara Drago, Francesco Gargiulo, Gianluca Guastella. Scene di Carlo De Marino – Costumi di Alessio Rosati – Luci di Lamberto Pirrone. Regia di Jurij Ferrini. Produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano – Progetto U.R.T. – Compagnia Jurij Ferrini. In collaborazione con Fondazione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale.
Al TEATRO CARCANO – corso di Porta Romana, 63 – Milano
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