La mente umana? Un’accozzaglia di sprazzi e spezzoni di pensieri. È “le nouveau roman”. E Antonio Syxty ci crede

23.6.16 identikit, littaMILANO, venerdì 24 giugno ► (di Paolo A. Paganini) All’inizio c’è stato il “nouveau roman”, una corrente letteraria francese, nata negli anni 50 del secolo scorso. Rivoluzionò il romanzo tradizionale con la dissoluzione antinaturalistica di trame, personaggi e intrecci. Se questi non rappresentavano più il centro focale della narrazione, non rimaneva che una letteratura concepita sull’osservazione ossessiva e la descrizione esteriore e minuziosa degli oggetti (s’è così parlato di “école du regard”). Sartre, Duras, Sarraute, Ionesco, Butor e compagnia bella, ma soprattutto Alain Robbe-Grillet, scrittore e regista (negatore di ogni introspezione psicologica), ne sono stati i massimi fautori e rappresentanti.
Una spiegazione, qualunque sia, non può non essere di troppo in presenza delle cose” (Robbe-Grillet). E ancora: “L’opera deve imporsi come necessaria, ma necessaria a nulla. La sua forza è una forza inutile“. E poi, un’altra frase lungimirante di Robbe-Grillet: “Per l’umanità prevedo l’avanzata del cretinismo. Le strutture mentali spariranno per colpa delle macchinette, per compilare frasi fatte, ricordare, far di conto, giocare. Fa paura pensare a chi manovrerà l’idiozia.
Per la verità, il nouveau roman negava ogni forma di psicologismo per il semplice motivo che i pensieri non hanno un loro fluire logico. Nella mente umana, si verificano soltanto spezzoni disordinati, sprazzi incontrollati, accensione improvvise, incandescente magma di fantasmiche immagini: che chiamiamo pensieri, e che soltanto la nostra volontà saprà poi – forse – convogliare artatamente in un loro flusso ordinato. Il cinema (ecco Robbe Grillet regista) è solo la configurazione del marasma incontrollato delle nostre idee: una narrazione, svincolata da spazio e tempo, una rappresentazione disordinata del nostro mondo interiore.
“La neve continua a cadere” è un racconto di Robbe-Grillet. Mi è tornato alla memoria vedendo, al Teatro Litta, “Identikit di una donna”, riflessione drammaturgica di un’ora e quaranta sulla cinematografia di Michelangelo Antonioni, anche lui in affascinata simbiosi con l’école du regard. “… Sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto un’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima, fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai, o forse fino alla scomposizione di qualsia immagine, di qualsiasi realtà...” (Antonioni).
Da quanto abbiamo qui sopra disordinatamente enunciato (anche i nostri pensieri alla Robbe-Grillet!), si potrà mai ricavare l’idea di uno spettacolo? Sì, secondo Antonio Syxty, regista e autore della drammaturgia dell'”Identikit”, insieme con Valeria Cavalli. L’allestimento è definito spettacolo/performance. Giusto. Con ciò se ne riducono un po’ i contorni trovando una via di fuga nella sperimentazione. Come tale la stiamo valutando anche noi. Dice ancora Antonioni: “Io non so com’è la realtà, ci sfugge, c’inganna di continuo. Io diffido sempre di ciò che vedo, di ciò che un’immagine ci mostra, perché immagino ciò che c’è al di là. E ciò che c’è dietro un’immagine non si sa…”
Sostituiamo “immagine” con “parola”, e vedremo che anche questa c’inganna di continuo. Credi di aver capito, e poi ti accorgi che il riferimento andava da un’altra parte. Ti sembra che tutto sia chiaro, e improvvisamente cala una cortina di buia incomprensione. Così è, così avviene, così dev’essere. E allora scopri che è impossibile questa “identikit di una donna”. Il protagonista maschile (Guglielo Menconi), voce narrante delle elucubrazioni di Antonioni, si sforza a dare contenuto di continuità al “pensiero” di Antonioni. È coadiuvato dallo scorrere di parole e immagini ricavate da “L’avventura”, da “La notte”, da “Deserto rosso”, da “Zabriskie Point”, da “Professione reporter”… E intanto due imprecisate donne, le due affascinanti donne dell’identikit (Caterina Bajetta e Bruna Serina De Almeida) cercano – senza agitarsi più di tanto – la sostanza del loro essere. Sono, forse, la proiezione l’una dell’altra. Ma non si saprà mai, perché non si saprà mai chi sono, che cosa si stanno mai dicendo, in quale zona onirica dello spirito, o della mente, si stanno nuovendo.
E allora? Allora fate voi. La mente è un quiz.
Antonio Syxty ha preso in parola la filosofia del nouveau roman, dell’école du regard, di Robbe-Grillet, di Michelangelo Antonioni. Pensieri e personaggi hanno l’evanescenza del nulla. È il limite di questa perfomance di raffinata eleganza, alla quale va fatto tanto di cappello per il coraggio di chi ci ha lavorato. E per chi la segue in platea.
Applausi finali. Si replica fino a sabato 9 luglio.

“Identikit di una donna”, un progetto ispirato e dedicato all’opera cinematografica di Michelangelo antonioni, uno spettacolo/performance di Antonio Syxty, con Caterina Bajetta, Guglielmo Menconi, Bruna Serina De Almeida, drammaturgia Valeria Cavalli, Antonio Syxty. – Al Teatro Litta – corso Magenta 24, Milano.

www.mtmteatro.it