(di Patrizia Pedrazzini) Si potrebbero facilmente scomodare gli antichi filosofi, ma non ce n’è bisogno. Vanno benissimo le parole di Mark Twain: “Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto. Quindi sciogli gli ormeggi, naviga lontano dal porto sicuro. Cattura i venti dell’opportunità nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri”. Perché almeno un’opportunità (ma anche di più), nella vita, il destino non la nega a nessuno. Nemmeno a un Re.
Nemmeno a Nicolas III, il sovrano del Belgio protagonista di “Un re allo sbando”, l’ultimo lavoro della coppia belga Peter Brosens e Jessica Woodworth. Re Nicolas (Peter Van den Begin) è un uomo solo, che dà l’impressione di vivere una vita non sua, schiavo com’è del protocollo e delle decisioni altrui. A Istanbul per una visita di rappresentanza (la Turchia sta per entrare nell’Unione Europea), riceve la notizia che la Vallonia, regione meridionale del Belgio, ha dichiarato l’indipendenza. Subito decide di tornare in patria, ma un’improvvisa tempesta solare mette fuori uso comunicazioni e traffico aereo. Il sovrano, tuttavia, non si arrende: rientrerà in Belgio via terra, comunque e con ogni mezzo. Incomincia così la moderna odissea di un Re in cerca della propria identità che, con il suo entourage (il valletto, il Maestro del protocollo, l’addetta stampa e un regista che documenterà il tutto), risalirà i Balcani attraverso alcune fra le aree più depresse e arretrate d’Europa: la Bulgaria, la Serbia, il Montenegro, l’Albania. Con lo spirito, la curiosità, la disponibilità e l’intelligenza di un uomo educato, gentile e perbene. Conoscendo gente, mettendo alla prova se stesso, prendendo, finalmente, decisioni.
Infilandosi, vestito da donna, nel pullman di un coro di cantanti bulgare, per scappare dal responsabile della Sicurezza turca, che non li vuole lascar partire. Mettendosi finalmente, lui Re, al volante del furgone sul quale i fuggiaschi viaggiano (che finirà in un fosso: una piccola tartaruga stava attraversando la strada…). Assaggiando il tanto e a lungo desiderato kebap. Ballando, ubriaco fradicio di Rakija (la grappa balcanica che arriva a sfiorare anche i 60 gradi), sulle note del “Bolero” di Ravel con un ex cecchino della guerra dei Balcani. Decidendo, lui Re, di forzare il posto di blocco alla frontiera con il Montenegro (la sbornia collettiva aveva fatto perdere al gruppetto i passaporti). Nuotando, solo e appagato, nelle acque calme dell’Adriatico. Assaporando, insomma, il fresco e inebriante profumo della libertà. Ma, recita un antico proverbio cinese: “Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita”.
“Un re allo sbando” non è solo un “on the road” turco-balcanico (dove l’aspetto politico è peraltro assolutamente secondario) o una commedia divertente e ironica. È un film intelligente e armonioso sulla storia di sei straordinari giorni capaci di cambiare una vita. E di un uomo cui il destino ha offerto un’opportunità, quella di non essere un semplice burattino e di recuperare la propria vera natura. Per rinascere.
– Cosa temete di più, maestà?
“Essere solo una comparsa”.
La moderna odissea di Nicolas III, il Re burattino che una provvidenziale tempesta solare trasforma in un uomo libero
8 Febbraio 2017 by