La “sacra” civetta, tra sessanta acqueforti e litografie, poetica protagonista notturna nelle incisioni di Pietro Diana

In occasione della BIENNALE OFF, al Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo, il 27 maggio, verrà inaugurata una mostra dedicata al pittore e incisore milanese Pietro Diana (1931-2016), nella foto, già docente all’Accademia di Brera, che rimarrà aperta fino al 3 luglio.
Il giorno dopo, presso la Biblioteca Classense di Ravenna, sarà inaugurata la mostra del raffinato incisore Agim Sako.

(di Andrea Bisicchia) – Bagnacavallo è diventata la capitale dell’incisione, ormai considerata, più che una tecnica artistica, una disciplina. In occasione della BIENNALE OFF, una mostra sarà dedicata a Pietro Diana (1931-2016), dal titolo “Nel segno della civetta”, presso il seicentesco Museo delle Cappuccine, che sarà inaugurata il 27 maggio e che rimarrà aperta fino al 3 luglio. Si tratta di sessanta opere, donate dalla moglie, al Gabinetto delle Stampe, dove incombe il tema della civetta, rapace notturno, ingiustamente ritenuto portatore di disgrazie, benché sia noto come animale sacro.
Pietro Diana, già diplomato all’Accademia di Brera nel 1954 è, successivamente, entrato a fare parte del corpo docente, incaricato in Tecniche dell’incisione, nella cui cattedra, è stato titolare dal 1976 al 1997. Le sue predilezioni, come incisore, erano per l’acquaforte pura, benché non trascurasse il lavoro litografico, spesso colorava le sue incisioni interamente di rosso o di blu. In verità, amava molto il nero materico, sempre in evoluzione, perché rapportato ai soggetti che andava rappresentando, come il Naviglio, la Bovisa, il Mulino sempre della Bovisa, presenti nella mostra, dove incombe l’idea della Milano degli anni Cinquanta, quando la nebbia faceva sentire molto la sua presenza.
L’esposizione è divisa in quattro sezioni, il visitatore, pertanto, potrà ripercorrere il lavoro dell’artista attraverso i suoi animali notturni, alquanto inquietanti, gufi e mantidi che si confrontano con la civetta, ma può anche scoprire come l’incisione sia un genere particolare che può aprirsi a nuove sensibilità per quanto riguarda l’arte contemporanea.
Pietro Diana possedeva un’impostazione classica, basterebbe vedere la sua bellissima Venere con in groppa la civetta, conosceva bene l’arte incisoria di Dürer, a cui rende omaggio con una sua interpretazione di “Il cavaliere, la morte, il diavolo”, già presentata, sempre al Museo delle Cappuccine, in occasione di una grande mostra, dedicata a Dürer, che raggiunse diecimila visitatori. Diana, oltre che alla Biennale di Milano, ha esposto le sue opere in Svizzera, Francia, USA e Giappone.
Sempre il 27 maggio, presso il Convento di San Francesco, verrà inaugurata la mostra “Case sparse, dimore sparute. Una campagna tra immagini e poesia”, dove si possono ammirare trenta immagini scelte fra mille fotogrammi, conservati in digitale, nella fototeca, scattate nell’ambito del censimento sulle case rurali, rigorosamente in bianco e nero, che documentano la campagna della bassa Romagna, nella sua molteplice articolazione di paesaggio agrario, oltre che di luogo di vita e di lavoro. La mostra fa parte del progetto regionale, promosso dal settore Patrimonio della Regione Emilia-Romagna.
Il giorno 28, presso la Biblioteca Classense di Ravenna, fino al 2 luglio, sarà inaugurata la mostra di Agim Sako, un incisore molto raffinato, le cui opere oscillano tra la realtà e l’informale, tra documentazione e invenzione fantastica, tra astrattezza e concretezza, tra poesia ed emozione.