La scenografia antica era costruita sulla parola. Oggi deve tener conto d’una infinità di atri codici. Anche per Aristofane

(di Andrea Bisicchia) La bibliografia su Aristofane è sterminata, utilizzarla per una nuova incursione nella Commedia antica, non aggiungerebbe nulla di nuovo. Allora come accostarsi, in maniera diversa, ad Aristofane? Mettendo a confronto l’antico col moderno, il linguaggio del testo con quello delle sue realizzazioni sceniche.
Per lo studioso si aprono nuove vie d’accesso, specie se è un frequentatore di spettacoli aristofaneschi e possiede la capacità di interpretare la lingua della scena.
Maddalena Giovannelli ha deciso di scrivere il suo “Aristofane nostro contemporaneo. La Commedia antica in scena oggi”, Carocci editore, dopo aver visto gran parte delle messinscene contemporanee, dedicate al commediografo greco, con precisi accostamenti agli originali, offrendo, pertanto, una lettura decisamente diversa da quella puntualmente accademica che, personalmente, preferisco, convinto che il contributo del linguaggio scenico, ovvero di un saggio scritto per la scena, metta il lettore nelle condizioni di accostarsi ai testi originari e, nel frattempo, di conoscere, attraverso l’oggi, i significati etici, politici, stilistici di ieri.
Aristofane è, forse, lo scrittore più complesso dell’antichità, Maddalena Giovannelli, utilizzando il metodo di Jean Kott, secondo il quale non i classici, bensì i traduttori sono i veri contemporanei, libera Aristofane da tutte le incrostazioni e ce lo offre nella sua attualità, evidenziando il valore ermeneutico delle rappresentazioni, partendo dall’uso che il regista riesce a farne, per finire sull’apporto determinante dello spettatore, il cui compito dovrebbe essere saper “leggere” e non semplicemente “ vedere” lo spettacolo.
Il teatro classico, nella forma della tragedia e della commedia, era costruito sulla scenografia verbale, nel senso che la parola indicava luoghi e tempi. Oggi, moltiplicandosi i codici linguistici, la parola si confronta con questi e assume valenze diverse. Il compito dello spettatore appare più complesso nel suo tentativo di decifrazione. Consapevole di questo, la Giovannelli ha cercato di spiegare, con esempi presi in prestito anche da altri classici e, in particolare, da alcune messinscene shakespeariane. C’è da dire che lo spazio scenico è insufficiente senza l’apporto determinante dell’attore, al quale l’autrice dedica un “manuale minimo” che ricorda quello di Dario Fo, l’autore che più di tutti ha utilizzato il modello aristofanesco, facendo capire la potenza e la contemporaneità del suo linguaggio.
C’è il rischio, quando si mettono in scena commedie di Aristofane, che gli attori ricorrano alle buffonerie più epidermiche e anche a un linguaggio scurrile, non metaforico come quello di Aristofane, specie se non sorretto da una adeguata traduzione, perché incapace di traslare lo spirito comico a cui si riferiva la commedia antica, tanto che l’ultimo capitolo è dedicato a esempi di traduzioni, di adattamenti, di riscritture, con riferimenti a spettacoli che costituiscono la parte più originale del lavoro della Giovannelli.
Un ampio studio è dedicato a “I Cavalieri”, andato in scena al teatro greco di Siracusa, con la regia di Giampiero Solari.

Maddalena Giovannelli, “Aristofane nostro contemporaneo. La Commedia antica in scena oggi” – Carocci editore 2018 – pp 110 – € 14