(di Paolo A. Paganini) – Verrebbe voglia di definire la scrittura “immagine” del pensiero. Ma, salvo l’antica “scrittura pittografica”, non è proprio così. I sacri testi di linguistica definiscono la scrittura, molto più semplicemente: “rappresentazione grafica del pensiero e del linguaggio”. Il termine immagine è bello ma non pertinente. Anche perché per immagine s’intende la rappresentazione, o riproduzione visiva di un oggetto reale, riflesso in uno specchio, o nell’acqua, o impresso in una lastra o su una pellicola fotografica, o su un dipinto o su un bronzo, o comunque, e al limite, rappresentazione mentale di qualcosa di vero o frutto di una memoria, o di una fantasia.
Insomma, la scrittura non può essere un’immagine. Semmai, “rappresentazione simbolica” del pensiero. Ma anche così non sta in piedi. Eppure, senza il pensiero e senza la scrittura, che è la sua fedele ancella, ci sarebbe una sclerosi mentale della vita interiore di un individuo, non ci sarebbe cultura. La scrittura, insomma, come entità fantasmica e visionaria, è la più stupefacente fucina d’idee, il più sbalorditivo laboratorio di immagini mentali, antro vulcanico della creatività. Grazie a una manciata di segni in croce – quei famosi ventun caratteruzzi – la scrittura raccontò la nascita di imperi, compilò sacri testi creando religioni, inventò riti, fece edificare templi, fissò leggi e Tavole di bibliche eternità, stabilì regole comportamentali, e lasciò indelebili testimonianze di culture e di antiche civiltà.
E seppur nella sua enfasi d’insaziabilità sacralità, la scrittura evocò commosse descrizioni poetiche, come – una per tutte – la tenera lettera di Machiavelli a Francesco Vettori (10 dicembre 1513), quando “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio, e in quell’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali, e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui, dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono, e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro”.
Insomma, la scrittura non basta a se stessa e, oltre lo spazio e il tempo, stabilisce rapporti, “parla” e socializza. Fino a trasfigurarsi, a diventare qualcosa d’altro, a sublimarsi in una “immagine del pensiero”, fissato sulla carta nello stesso momento in cui si realizza. E diventare “stenografia”, essenzializzandosi in puro spirito. Diventa così verbum primigenio, dono divino dell’intelligenza, mirabile strumento che dà corpo e fa rivivere i fantasmi della mente, materializzandosi nella più semplice e fedele espressione grafica del pensiero.
La scrittura, sì, ha edificato templi, ed ha creato scribi e sacerdoti d’indimenticato amore, specie nello svelare i misteri della scrittura stenografica.
Quasi tutti questi templi sono stati distrutti dalla bestiale stupidità di uomini e di leggi inique, cancellando eterne pagine di cultura. Ora, dopo l’ignominiosa distruzione di sacri tabernacoli di cultura, come l’Associazione stenografica magistrale, come la Federazione stenografica G. N., come I’Istituto di magistero stenografico, come la Fondazione Giulietti, come l’U.S.N.E.N. ecc., la scrittura sopravvive gloriosamente nell’Accademia Aliprandi di Firenze, depositaria dei valori della scrittura stenografica e di altre forme di comunicazione.
E qui la definizione di “immagine del pensiero” diventerebbe, come diventa, pertinente, perché coglie in sintesi il fenomeno occulto e miracoloso della nostra vita cerebrale, in quell’emisfero di sinistra, dove si formano le parole, il loro significato, la loro forma; ma anche dove si formano le nostre emozioni, i nostri sentimenti, nell’altra parte speculare del cervello di destra, che così vivranno concretamente, reali immagini, sulla retina dell’intelligenza. Con immagini che si fanno vita e ricordi, quando diventano e si fanno cinema, sogni e fantasmi di realtà in movimento: scrittura vivente di emozioni, gioie, dolori, drammi e commedie, storie di pace e di guerra, di vita e di morte, tra mito e realtà, tra storia e neorealismo. Tra illustrazione documentaristica (ah, i Film Luce con i loro preziosi rulli di Guerra, tuttora esistenti nel secolare archivio di memorie storiche dell’Istituto Luce) e travolgenti illustrazioni di passioni, da Amedeo Nazzari a Marcello Mastroianni, da Clara Calamai a Sofia Loren, tra sogni avventure sesso e cuori infranti.
E, allora, tra “immagini di pensiero”, “immagini della realtà”, immagini stenografiche ed emisferi di forme e significati, l’Accademia Aliprandi, nella persona del suo presidente Carlo Rodriguez, e l’esperto di cinema Giordano Giannini, hanno concretizzato un’ideale sintesi intorno al concetto di immagine, fondendo l’amore per la sintesi e la passione per le fantasmagorie della Decima Arte.
Ed hanno organizzato, un interessante e riuscito Cineforum in streaming.
____________
IL COMUNICATO DELL’ACCADEMIA ALIPRANDI E IL CARTELLONE DEL PROSSIMO CINEFORUM
“L’emergenza sanitaria, tuttora grave e complessa nella gestione, ha mutato per sempre il quadro politico internazionale, logorando anziché fortificando il senso di responsabilità – da tempo, comunque, già vacillante – dell’individuo verso il suo prossimo. Ora più che mai è necessario che movimenti, associazioni educative, culturali e realtà comunitarie in genere si interroghino, pure in modo radicale, sugli effetti psicosociali a lungo termine di un dramma simile e, più in generale, sulle dinamiche dominanti del gruppo. Dove ci condurrà, in breve, tutto questo? Ha ancora senso lottare per il superamento dei presenti ostacoli, indirizzando tecnica e ingegno ad un bisogno realmente comune? L’Accademia Aliprandi di Firenze intende dare il suo contributo al dibattito, proponendo la visione di due intense pellicole: ne “Il volo della fenice” (’65) di Robert Aldrich un piccolo aereo bimotore, che trasporta i dipendenti di una compagnia petrolifera, precipita fra le dune del Sahara: i superstiti cercheranno di ricostruirlo per salvarsi; viceversa ne “Il giorno prima (Control)” (’87) di Giuliano Montaldo, un esperimento di convivenza in un bunker volgerà, a mano a mano, in tragedia, portando lo spettatore a riflettere sulla sfrenata corsa agli armamenti nucleari…”
Sabato 8 maggio, alle ore 10, a cura di Giordano Giannini, si svolgerà in videoconferenza l’incontro dibattito dedicato a “Il volo della fenice” (Robert Aldrich; 1965):
https://www.ibs.it/volo-della-fenice-dvd-film-robert-aldrich/e/8023562018674
e a “Il giorno prima (Control)” (Giuliano Montaldo; 1987)
https://www.ibs.it/giorno-prima-film-giuliano-montaldo/e/8033650556346
In alternativa, visionabili su:
https://www.raiplay.it/programmi/ilgiornoprima
La partecipazione è aperta a tutti. È sufficiente richiedere entro il giorno precedente l’invio del link di accesso a:
p.rosati@idi-formazione.it
Il link sarà inviato il giorno stesso circa 30 minuti prima dell’inizio dell’incontro.
La piattaforma di videoconferenza utilizzata è Microsoft Teams, si consiglia l’installazione della relativa app:
https://www.microsoft.com/it-it/microsoft-teams/download-app