La Sicilia tra secondo 800 e anni Trenta. Humus tumultuoso di Pirandello, tra lingua dialetti proverbi e saghe di famiglie

(di Andrea Bisicchia)Scrivere un romanzo biografico, ovvero, cercare di narrare la storia di un artista famoso, è ben diverso che scrivere una biografia di tipo saggistico, con rimandi scientifici, indicati nelle note a piè di pagina. Silvana La Spina è una narratrice di razza, la quale, volendo raccontare a suo modo la storia di un uomo difficile, non si è tirata indietro nell’affrontare una materia alquanto ibrida, essendo intrisa di molteplici e particolari storie familiari che, nel suo romanzo, prenderanno il sopravvento su quelle letterarie.
Compito del romanziere non è certo quello di esprimere dei giudizi critici sui valori artistici delle Opere che accompagnano la vita di un uomo, ma quello di far conoscere al lettore come quell’uomo difficile sia arrivato a comporre la sua Opera immortale.
Silvana La Spina è partita da se stessa, ovvero dalle sue conoscenze, non solo dei testi pirandelliani, ma anche della storia siciliana, tra il secondo Ottocento e gli anni Trenta del Novecento, iniziando dalla rivolta della Gancia, che precede la rivoluzione dei Mille di Garibaldi, quando dei rivoluzionari che avevano adibito il convento della Gancia a Palermo a centro delle loro operazioni contro le truppe borboniche videro il loro esperimento soffocato nel sangue, anche se diventerà un insegnamento per molti personaggi che popolano il romanzo di Silvana La Spina, dei quali ci racconta i loro malcontenti, il loro orgoglio, le storie d’amore, spesso, ambigue, ricostruendone anche il linguaggio, con gli apporti dialettali e con i tanti proverbi che riassumano situazioni non sempre narrabili.
Questo mescolare la lingua col dialetto, è una prerogativa della scrittrice, specie quando dà voce ai suoi personaggi, analizzati nel loro rapporto con le storie locali, con le difficoltà economiche, nel momento in cui le zolfare entrano in crisi sia per ragioni naturali sia per motivi competitivi, con i molteplici conflitti che ne scaturiranno, tutti messi a confronto con la vita tumultuosa di Pirandello, definito dallo zio Rocco “l’uomo di zolfo”, lo stesso che dà il titolo al romanzo , pubblicato da Bompiani.
La biografia della La Spina si può leggere pertanto come un susseguirsi di racconti, di miti che inseguono, soprattutto i suoi protagonisti, quelli che si muovono ai margini della storia, avendo partecipato ad eventi che hanno contribuito alla liberazione dell’isola dall’oppressione borbonica e che hanno fatto vanto delle loro partecipazioni alla rivolta, culminata nella battaglia dell’Aspromonte (1862).
Un romanzo storico, quindi?
Non proprio, perché la storia entra ed esce per dare maggiore spessore ai personaggi, magari nati secondari, ma che la scrittrice rende veri e propri protagonisti.
La Sicilia degli anni di formazione del giovane Luigi era nel caos, ben diverso dal Caos in cui era nato Pirandello e in cui verrà sepolto, un caos che sapeva di miseria, di disuguaglianze, di sottocultura, di ignoranza diffusa, di pregiudizi, che diventeranno, a loro volta, materia dei racconti, dei romanzi, delle commedie pirandelliane.
Il romanzo di Silvana La Spina narra le vicende di tre famiglie, quella dei Pirandello, quella dei  Ricci Gramitto, quella dei Portulano, le cui saghe finiranno per intrecciarsi, per diventare la vera storia del romanzo che conduce il lettore verso aspetti poco conosciuti dei tormenti, dei fallimenti, delle vittorie dello scrittore agrigentino, da quando muoverà i suoi primi passi a Palermo, per spostarsi successivamente a Roma e a Bonn, dove si laureerà e dove avrà una “libera” storia d’amore con Ketty, ben diversa da quella  che lo legherà alla cugina Linuccia che avrebbe dovuto sposare.
La scrittrice sceglie anche di pescare nel torbido, raccontandoci l’avventura amorosa del padre per un’altra cugina, da cui nascerà una figliastra, storia d’amore tormentata, a cui il padre rinunzierà per un altro amore, quello della famiglia e di un figlio che vuole diventare poeta. Forse, però, la storia più tormentata e più torbida è quella dell’amore sessuale tra Luigi e la moglie Antonietta, vissuta con un eros insaziabile, dato che, quei due, tutte le notti “ficcavano”, al contrario di quello con Marta Abba che sarà un amore platonico, visto che Luigi si negherà fisicamente, a lei, durate l’atroce notte, in un albergo di Como e che lo farà diventare la favola del teatro italiano, ben diversa dalla “Favola del figlio cambiato”. E poi c’è la storia della gelosia, vissuta con inquietudine perenne da Antonietta, per paura di essere tradita dall’uomo a cui si offre senza ritegno, ma che la porterà alla follia.
Silvana La Spina contrappone all’amore sincero di Antonietta, quello di un uomo orgoglioso, sempre scontroso, in perenne conflitto con la volgarità della borghesia romana che vede rappresentata nelle opere di D’Annunzio, che lui non si stanca mai dal disprezzare.
Non mancano le pagine dedicate agli amici come Bontempelli e Rosso di San Secondo, al rapporto con Mussolini e con il fascismo e quelle dei successi teatrali, attestati dal Premio Nobel. Insomma, il lettore si trova dinanzi a tanti racconti appassionanti e a continue trame divergenti che rendono il romanzo, per i suoi intrighi particolari, sempre appetibile e affascinante.

Silvana La Spina, “L’UOMO DI ZOLFO. Il romanzo di Pirandello”, Bompiani Editore 2023, pp. 410, € 20