La sontuosa narrativa di Patroni Griffi. E gli indimenticabili lavori teatrali, iniziati nel ’58 con la Compagnia dei Giovani

(di Andrea Bisicchia) Non esiste una vasta bibliografia critica sull’Opera di Giuseppe Patroni Griffi (1921-2005). L’ultimo studio, di autori vari, risale al 1998, e fu curato da Alberto Bentiglio, certo più approfondito di quello pubblicato da Curcio nel 1980, in un cofanetto in cui c’era anche una monografia dedicata a Franco Parenti.
Mariano D’Amora, per il suo volume dedicato all’autore napoletano, “Gli amici dei miei amici sono miei amici – La letteratura e il teatro di Giuseppe Patroni Griffi”, Bulzoni Editore, ha lavorato su materiali in parte inediti, posseduti da Fausto Nicolini, aiuto regista di Patroni Griffi, ovvero su manoscritti originali, filmati, fotografie oltre che su un ricco apparato di recensioni che hanno reso più viva la sua trattazione.
Per prima cosa, D’Amora si intrattiene sulla narrativa, su tre racconti lunghi, “Un ospite di passaggio”, “Ragazze di Trastevere”, “D’estate con la barca”, sottolineando la data di pubblicazione, 1955, benché le stesure risalissero al 1951, come a evidenziare l’interesse dell’autore per le periferie urbane e contadine durante la seconda guerra mondiale, accomunandolo a quello di Vittorini e di Pavese, con una differenza, dovuta al fatto che i suoi personaggi erano marchiati da una fisicità che anticipava quella di Testori di “Il Fabbricone” e di “Ragazzi di vita” di Pasolini. “Ragazzi di Trastevere” ne fu il modello princeps. Ciò che caratterizza la narrativa di Patroni Griffi è la lingua immaginifica, col suo lessico sontuoso, oltre che plastico, un po’ barocco, più simile a quello di Testori che di Pasolini.
Qualche anno dopo, Patroni Griffi si cimenterà con il Teatro, diventando autore di Compagnia, quella di Valli, De Lullo, Falk, Guarnieri, per i quali scrive: “D’amore si muore” (1958) che fu messo in scena in occasione del XVII Festival Internazionale di Venezia, con la regia di Giorgio De Lullo. Il testo mostra una sua particolare originalità perché, più che essere scritto in Atti, fu percepito da De Lullo come fosse strutturato in sequenze e dissolvenze. Seguiranno, sempre per la Compagnia dei Giovani “Anima Nera” (1960 ) e “Metti una sera a cena”(1967), di cui il vasto pubblico conosce la versione cinematografica. Come sostiene D’Amora, il modello di questa commedia è quello de “Il Convivio “ di Platone, dato che vero protagonista è un conclave di amici che discutono sulle dinamiche interne dell’amore, sulle composizioni e scomposizioni della coppia. Del 1979 è “Prima del silenzio”, scritto per Romolo Valli e ripreso, successivamente, da Rigillo e Gullotta, dove protagonista è la parola, antidoto alla paura di rimanere soli, mentre del 1982 è “Gli amanti dei miei amanti sono i miei amanti”, una specie di pochade con protagonista una cantante lirica, che ebbe come interprete un’indimenticabile Adriana Asti.
D’Amora ha diviso i testi esaminati in due parti, quelli che hanno come argomento l’amore, declinato in tutte le sue forme, e quelli che hanno come protagonista Napoli e la sua gente, come “In memoria di una signora amica”(1963), che ebbe la regia di Rosi, protagonisti Lilla Brignone, Pupella Maggio, Giancarlo Giannini e ancora: “Persone naturali e strafottenti” (1973), “Cammurriata”, “Canti di maternità” (1983), “Una tragedia reale” (1999), entrambi con Mastelloni protagonista.
L’ultimo capitolo è dedicato all’attività di regista a dimostrazione di come Patroni Griffi fosse stato un artista a tutto tondo.

Mariano D’Amora, “Gli amici dei miei amici sono miei amici- La letteratura e il teatro di Giuseppe Patroni Griffi” – Bulzoni Editore – pp 170 – € 18