La storica Bohème, la più longeva e sfruttata opera scaligera. Ora ha perso smalto e fascino. Ma è sempre un successo

MILANO, giovedì 8 giugno ►(di Carla Maria Casanova) Bohème alla Scala. Mettiamola in questo modo: grande successo per tutti e finiamola lì. Perché se il pubblico è contento, sono contenti tutti (o quasi). Il cliente ha sempre ragione. Il cliente paga e se torna a casa soddisfatto non c’è motivo per cercare il pelo nell’uovo. Lo spettacolo di ieri sera era fuori abbonamento, sala gremita di stranieri. Nel foyer, una ragazzotta russa con zeppe ai piedi e minigonna ingiuriosa si faceva fotografare (col cellulare, dall’amichetta divertita) davanti ai sacri specchi della Scala. Laddove in tempi addietro posavano con discrezione, sollecitate da fotografi professionisti ammessi con tanto di permesso, signore quali Wally Toscanini o la Begum Aga Khan.
Sappiamo che il pubblico è cambiato. Saranno pur cambiati anche gli spettacoli. Questa Bohème (di Puccini, dell’altra, di Leoncavallo, quasi nessuno conosce nemmeno l’esistenza), è una ripresa dello storico, leggendario spettacolo “di” Zeffirelli, anno 1963. È stato ripreso 22 volte. Portato in tournée in tutto il mondo. In assoluto, è lo spettacolo della Scala più longevo e più “sfruttato”. Sul podio sono sfilati tutti i più grandi: da Karajan a Pretre, Carlos Kleiber, Gavazzeni… e, in palcoscenico, da Gianni Raimondi a di Stefano, Pavarotti, Domingo, Carreras, Alagna e Freni, Cotrubas, Hayashi, Gheorghiu. Bene.
Adesso dirige Evelino Pidò e in scena ci sono Sonya Yoncheva, Fabio Sartori, Simone Piazzola.
Pidò debutta  alla Scala, benché vi abbia lavorato per 14 anni, dal 1971 al 1985. Ma allora era in orchestra, secondo fagotto, poi Claudio Abbado lo mandò a Vienna a perfezionarsi in composizione e da lì, da cosa nasce cosa, passò alla direzione d’orchestra.
Carriera prestigiosa, quasi tutta all’estero (Metropolitan, Covent Garden, Vienna, Berlino, Parigi…). Grande repertorio operistico, con il vantaggio di averlo praticato “in” orchestra, diretto dalle massime bacchette del tempo. Adora  Puccini, che ritiene impressionista e non verista, per le sfumature, per i suoi raffinatissimi colori. Pidò è un bel direttore. Anche la bulgara Yoncheva debutta alla Scala, dove, nella prossima stagione, sarà Imogene nel “Pirata” di Bellini. La voce è bella, canta bene, con dizione accurata. Ma ha poco a che fare con Mimi. Forse freddezza? Fabio Sartori, tenore con il do (ed anche con certi pregevoli piani) manca totalmente di fascino. Forse la sua stazza glielo impedisce? Qualcuno dice “Anche Pavarotti era enorme e non sapeva recitare…”
Fatemi il piacere. Pavarotti apriva bocca e diventava il cantante più affascinante della terra. Simone Piazzola (Marcello) è uno dei nostri baritoni di punta, ma ieri si è fatto battere da Mattia Olivieri (Schaunard). La regìa di Zeffirelli dal 2000 è ripresa da Marco Gandini, che deve aver accumulato nel tempo qualche vuoto di memoria.
Ma insomma, si è detto gran successo.
Per quanto mi riguarda, mi dà problemi una costatazione: a  me è parso tutto un gran fracasso. Persino nel nostro superlativo coro, diretto dal nostro magistrale Bruno Casoni, gridavano tutti. Io ritenevo, con gli anni, di esser diventata un po’ sorda. Ma forse, per una singolare alchimia, con gli anni il mio udito si è fatto  ipersensibile. Deve essere colpa mia. Una bella seccatura.

Teatro alla Scala – “La bohème” di Giacomo Puccini – Repliche 10, 13,15, 20,30 giugno e 5, 10, 14 luglio (30 giugno; 3, 5, 10 luglio il ruolo di Mini sarà cantato da Ailyn Pérez).