(di Andrea Bisicchia) Sul concetto di verità si è espressa la Storia della filosofia che, oltre ad averne cercato le origini nella grecità antica, nei secoli successivi, l’ha sviscerata in una molteplicità di trattati. Il termine greco è elètheia il cui significato è uscire dall’oblio (lethe), ovvero disvelarsi, portare alla luce ciò che è stato occultato per farlo conoscere.
La domanda che possiamo farci potrebbe essere: cosa viene nascosto alla verità e perché si sente il bisogno di svelarlo? Per Nietzsche, che si è posto questo problema in: “Su verità e menzogna in senso extramorale”, Adelphi, la verità non coincide con la conoscenza, essendo, questa, l’evento più menzognero della Storia universale, poiché contiene in sé ogni forma di inganno, dato che si contraddistingue per l’arte della simulazione, che declina nelle forme del mentire, del fingere, dell’adulare, del mascherarsi, tanto che la verità, a suo avviso, non è altro che un “esercito di metafore, di metonimie”, abbellite dalla retorica, da cui scaturisce il carattere illusorio della verità stessa.
In un altro breve saggio: “La visione dionisiaca del mondo”, Nietzsche sosteneva che la verità è in lotta con la bellezza, aggiungendo che la bellezza, essendo suscitatrice di piacere, in fondo non è altro che apparenza. Insomma, per il filosofo tedesco, non esiste un impulso onesto verso la verità, perché l’uomo ama l’apparire più dell’essere, tanto da ritenere necessaria l’illusione e da preferire la menzogna alla verità, perché chi mente vuol fare apparire reale, l’irreale.
L’uomo, avendo la tendenza a farsi ingannare, sceglie l’intelletto come maestro della finzione. Una simile tendenza lo porta ad amare le fiabe o “l’attore nel dramma che fa il re più regalmente di come si vede nella realtà”. Ne consegue il suo amore per l’epica e per il teatro, perché qualunque cosa faccia l’uomo porta con sé il segno della finzione, che ha il compito, come il teatro, di rappresentare la vita umana.
L’uomo, quindi, non è guidato dai concetti, ma soltanto da intuizioni, attraverso le quali cerca la verità che consiste nel liberarsi dalle illusioni, proteggendosi, in questo modo, dagli agguati delle false seduzioni. Per Nietzsche, la verità è l’errore di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. E pensare che, per Goldoni, la menzogna era semplicemente una “spiritosa invenzione”!
Friedrich Nietzsche, “Su verità e menzogna in senso extramorale”, Adelphi Ed. 2015, pp.57, € 7