“La voce umana” con Adriana Asti al Piccolo Teatro: quando l’amore diventa disperazione e solitudine

Milano. Adriana Asti con Mauro Conte in una scena del “Bell’indifferente” di Cocteau, al Piccolo Teatro Grassi (foto Cavallos/Antonelli)

Milano. Adriana Asti con Mauro Conte in una scena del “Bell’indifferente” di Cocteau, al Piccolo Teatro Grassi (foto Cavallos/Antonelli)

(di Paolo A. Paganini) È la cronaca d’una telefonata d’addio, di quando i telefoni avevano il filo e chi telefonava doveva passare per forza da una centralina, tra rumori e interferenze. Preistoria. Oggi una telefonata d’addio si fa con un rapido e impietoso messaggino, e via andare. Ma allora, quando Jean Cocteau nel 1930 scrisse il monologo teatrale “La voce umana”, il telefono era tutto, era la tecnologia che univa due mondi lontani, rendendo vive e palpitanti due anime che arrivavano attorcigliate a un filo di speranza, oppure due anime tormentate dal dolore, dal rimorso. Una telefonata per dare conforto, consolazione, gioia, amore, dolore. O per mentire, per scavare inganni. Qui soprattutto dolore. Un dolore telefonico, diventato un classico già con Anna Magnani (drammatica), film di Rossellini, poi con Anna Proclemer (disperata), e in questi giorni anche a Cannes, con l’ottantenne e sempre affascinante Sophia Loren che ha presentato il corto del figlio Edoardo Ponti…
Per dire d’un testo vecchio, superato dalla tecnologia, ma sempre immortale, perché è immortale il sentimento d’una donna innamorata e abbandonata dal proprio uomo (e non tiriamo fuori la storia di Cocteau, pietà). E quell’ultimo straziante addio telefonico sarà tutto quello che le rimarrà.
Ora Adriana Asti, l’ha presentato, a chiusura della propria stagione, nel milanese Teatro Grassi, la sede storica del Piccolo. In confronto con antichi ricordi personali (e quindi traballanti nella memoria), è la versione che ci è piaciuta di più. Moderna, angosciante, così umana, così vera, eppure così sobria e pudica, così vicina a un sentimento comune, fino a connaturarsi con tutti gli addii di ciascuno di noi, fino a stordirsi, a stordirci.
Adriana Asti ha concluso questo suo primo monologo con un tripudio di applausi, che han fatto da ponte con l’altro monologo di Cocteau, “Il bell’indifferente”, unito quasi direttamente al primo, con cambio di scena a vista, e subito su, in scena, con un’altra storia di “disperata speranza”, come solo una donna (o Cocteau, ancora pietà) è capace, capace di tutto, anche di ogni vergogna, capace di mandare giù umiliazioni, mortificazioni, offese, pur di conservare il larvatico fantasma d’un amore che non c’è più, e che ha tragica lapide tombale nella più tremenda delle condanne, l’indifferenza.
Una grandissima prova di teatro di Adriana Asti, assistita con rispettosa attenzione dal regista cinematografico Benoit Jacquot.
“La voce umana” e “Il bell’indifferente”, di Jean Cocteau, con Adriana Asti, regia di Benoit Jacquot, al Piccolo Teatro Grassi, Via Rovello, Milano. Repliche solo fino a domenica 25 maggio.

Trackbacks

  1. […] “La voce umana” con Adriana Asti al Piccolo Teatro: quando l’amore diventa disperazione e soli… […]