(di Patrizia Pedrazzini) In patria, dove ha appena vinto il Premio Goya per il miglior film latino-americano, lo hanno paragonato a “Ocean’s Eleven” o, più indietro nel tempo, al quasi leggendario “Come rubare un milione di dollari e vivere felici” di William Wyler. E in effetti “Criminali come noi”, dell’argentino Sebastiàn Borensztein, ben si inserisce nel fortunato filone degli heist movie, i film di rapina: “colpi” sulla carta magari senza speranza, tuttavia destinati ad andare, quasi sempre, a buon fine. Con in più, di qua dall’oceano, qualche buon richiamo ai nostrani “Soliti ignoti”, e qualche discreta pennellata in stile Armata Brancaleone.
Con il titolo originale di “La Odisea de los Giles” (“L’odissea dei tonti”, ben più calzante della traduzione italiana), la pellicola mette in commedia, ammantandola di una comicità non di rado spassosa e risibile, una storia in realtà amara.
Argentina, vigilia dell’infausto 19 dicembre 2001. Fermìn Perlassi decide, con la moglie Lidia e il fido amico Fontana, di rilevare dei vecchi silos agricoli abbandonati per mettere in piedi una cooperativa. Vari abitanti del paesino mezzo spopolato nel quale tutti vivono aderiscono all’iniziativa, consegnando all’uomo, chi più, chi meno, il denaro che possono investire nel’impresa. È tutta gente perbene, desiderosa di una vita migliore. La cifra che Fermìn riesce a raccogliere è considerevole, circa 160.000 dollari, e sufficiente per ottenere, dalla banca, il mutuo necessario a coprire l’intero investimento. Ma il direttore dell’istituto di credito è un corrotto e, al corrente dell’imminente crisi economica che l’indomani sconvolgerà il Paese, convince l’uomo a depositare l’intero importo, non in una cassetta di sicurezza, come Fermìn vorrebbe, ma su di un conto corrente. Dal quale, immediatamente, insieme al denaro di tutti gli altri clienti della banca, l’ingente somma prenderà il volo per finire nelle mani di Manzi, un disonesto avvocato locale, che lo conserverà in una cassaforte strablindata e allertatissima collocata in un bunker fatto scavare sotto un appezzamento di terreno agricolo. La notte stessa, il sistema bancario dell’Argentina collassa: il governo decide il congelamento dei conti, con un prelievo consentito, per ciascun cittadino, di 250 pesos al giorno. La truffa è servita.
E fin qui la prima parte del film. La seconda è l’esilarante storia del “colpo” che Fermìn e soci metteranno in piedi per riprendersi ciò che è loro, e anche molto di più. Un “di più” (quantificato in milioni di dollari) che però i nostri fin dall’inizio si ripromettono di dare in beneficenza: non sono volgari ladri, loro, e ad animarli è solo il desiderio di giustizia.
Gag, situazioni comiche, qui pro quo non si fanno attendere, e scivolano via con naturalezza e maestria. Anche perché la variegata compagnia è di tutto rispetto: oltre al serio, tutto d’un pezzo Fermìn (Lidia muore in un incidente mentre è in auto col marito, sconvolto e stressato dopo aver appreso della colossale truffa), il figlio Rodrigo, che lascia l’università per stare accanto al padre rimasto solo, l’anarchico Fontana, che ogni due per tre tira in ballo Bakunin (e non gli sembra vero di fare veramente un “colpo”), il peronista nostalgico Belaùnde (grandissimi amici, i due, fede politica permettendo), un’imprenditrice locale tostissima ma con figlio a carico fannullone (e, teme lei, poco affidabile), e due-tre campesinos non propriamente svegli, tuttavia animati da tanta buona volontà. Personaggi anche buffi, ma sempre a metà tra il serio e il faceto: una compagnia di “tonti”, nel senso di poveri cristi, ingenui e quindi facili da ingannare, fregati dal sistema, ma che alla fine dimostreranno come, a guardar bene, i veri “tonti” non siano loro. Magari con l’aiuto di una ruspa abbandonata e di qualche cassa di dinamite a lungo nascosta, chissà poi perché, in un posto sicuro…
Fra gli interpreti, tutti sconosciuti da noi, nei panni di Fermìn, Ricardo Darìn, ex stella di telenovelas oggi punta di diamante del cinema argentino.
L’audace colpo dei soliti “tonti” truffati dal sistema corrotto. In una commedia spassosa e amara targata Argentina
19 Febbraio 2020 by