
Alcune scene di “Le Comte Ory”, di Rossini, alla Scala, con il tenore peruviano Juan Diego Florez (non in perfetta forma)
Sabato 5 luglio
(di Carla Maria Casanova) Per chiudere con l’opera lirica, Rossini sfornò due capolavori: “Guglielmo Tell”, l’ultima, quella seria, e, esattamente un anno prima, il melodramma giocoso “Le Comte Ory”, ultimo titolo comico. Rossini l’aveva scritto a Parigi nell’agosto 1828 saccheggiando la musica del “Viaggio a Reims” che, essendo stata commissionata ed eseguita per una data precisa (l’Incoronazione di Carlo X re di Francia) era oramai confinata alla immobilità.
Siccome con Rossini si tratta sempre di capolavori, anche riprendere “Il Viaggio a Reims” e farlo diventare “Le Comte Ory” gli riuscì una cosa portentosa. Tra l’altro, portento di comicità. Le situazioni sono grottesche ma non cretine. Come sempre i personaggi si travestono, ma qui in modo irresistibile. La storia narra di un ricco giovane scapestrato che, al tempo delle crociate, va a insidiare le dame pie e timorate rimaste sole nei loro castelli in attesa dei propri consorti. Il seduttore le tenta tutte, anche mimetizzandosi, lui e i suoi 14 burloni compagni cavalieri, con vesti da monache che si fingono in fuga dalle insidie del Conte! Fu, a Parigi, un successo epocale: in cartellone dal 1828 al 1884 per un totale di oltre 490 recite. Il ruolo protagonista era stato scritto per Adolphe Nourrit (leggendario tenore che diede una mano anche alla stesura del libretto).
Oggi abbiamo Juan Diego Florez, il massimo tenore esistente per questo repertorio e attuale interprete alla Scala (peccato che ieri accusasse un brutto raffreddore, tanto da far annunciare una prestazione non ottimale).
Alla Scala, dove mancava dal 1991, a firmare regia, scene e costumi è Laurent Pelly. Difficile sbagliare la messinscena del Conte Ory, tanta è la verve della storia originale, sostenuta da una partitura di estrema raffinatezza dove a ridere (e far ridere) sono le stesse note, con il loro ritmo erompente e disincantato. Pelly, come oramai pare d’obbligo, traspone l’azione medioevale all’epoca attuale.
La faccenda spesso funziona ma non tanto qui, perché ambiente e personaggi risultano polverosi e sciatti (eccezion fatta per il branco delle suore-pellegrine). Un bel medioevo con costumi paradossali avrebbe meglio servito la vis comica.
Bene sul versante musicale, nonostante la non perfetta forma di Florez. Aleksandra Kurzak ha affrontato con sicurezza la vertiginosa tessitura centrando, nella prima iperbolica cabaletta, trilli proibitivi. Sul podio Donato Renzetti ha un po’ sonnecchiato. Applausi al cast, qualche buu alla regia. Fine della stagione scaligera 2013-14.
L’opera è data in francese con sottotitoli. Sono due atti di circa 65 minuti ciascuno. Repliche: 4, 7, 10, 12, 15, 17, 19, 21, prezzi da 210 a 13 euro Infotel 02 72 00 37 44
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