
Giacomo Balla, “La Pazza”, 1905, olio su tela, 175 x 115 cm, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. © Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Su gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Foto Giuseppe Schiavinotto, Roma. © Giacomo Balla, by SIAE 2016
ALBA (Cuneo), sabato 29 ottobre – (di Paolo A. Paganini) – Ombra, luce, velocità: sono le tre fasi dell’evoluzione artistica del pittore Giacomo Balla (Torino 1971 – Roma 1958).
La prima fase si riferisce al periodo della formazione all’Accademia Albertina che gli consentì di avvicinarsi, con stimoli di forte suggestione, al paesaggismo di Fontanesi, al divisionismo di Pelizza da Volpedo, al misticismo naturalistico di Segantini, all’antropologia criminale di Lombroso. Gli servirono da base per i suoi successivi studi e creazioni pittoriche d’impronta sociologica e umanitaria, in dipinti rivolti alla sofferenza degli umili, dei malati, dei diseredati, dei diversi. Un mondo fatto d’ombre, crudo, talvolta disperato, eppure visto con la religiosa pietas di una partecipazione commossa e d’intensa adesione realista. Spiccano opere come “Il contadino” (1902), “Il mendicante” (1902), “I malati ” (1903), “La pialla nuova” (1903),”La pazza” (1905), dove l’ombra prevale cupamente su radi spiragli di luce. Ma è anche un periodo (romano) di quadri di liberatoria felicità, come lo scapigliato “autoritratto” del 1894, o “La fidanzata al Pincio” del 1902 o “La seducente Enrichetta”, sempre del 1902, o il capolavoro di questo periodo “Il dubbio” (1907/1908), un ritratto femminile visto audacemente di schiena con un ironico viso a trequarti e un fulgido sguardo, che sembra invadere di luce tutto il primo piano.
E già preannuncia la seconda fase, quella della luce. E del Futurismo.
Il tranquillo, sereno, pacifico Balla, improvvisamente rivela un inaspettato versante del suo carattere. Nel 1910 accoglie l’invito di Marinetti e di Boccioni “a far parte della schiera dei nuovi combattenti per l’arte” (Ester Coen). E Balla aderisce con un’impulsività senza remore o diffidenze, rivelando un nuova sconosciuta combattività, un imprevedibile aspetto del suo carattere, passando da pacioso torinese a entusiasta firmatario dei due manifesti futuristi del 1910 e del 1912. E, perché non ci fossero dubbi, vende tutti i suoi lavori ante 1913. La luce lo invade, lo esalta, lo travolge, gli deflagra nell’anima in un’esplosione di iridescenze. Alla stessa figlia, nata in quegli anni, impone, in uno stato di esaltazione, il nome di Luce. Ed ecco opere come “Lampada ad arco” (1910/1911), “Finestra su Dusseldorf” (1912), la rivoluzionaria scomposizione dinamica di “Bambina che corre sul balcone” (1912), la serie dei numerosi studi di “compenetrazioni iridescenti” (dal 1912 al 1914).

Ester Coen, curatrice della Mostra “Futur Balla”, e Il Direttore della Fondazione Ferrero, Edoardo Milanesio, durante la presentazione ufficiale. Sullo schermo dell’accogliente sala cine convegnistica, è stato anche proiettato il film documentario, “Giacomo Balla, 1871-1958”, della regista Priscilla Benedetti, con la voce di Remo Girone.
Da qui, il passo è breve per farsi travolgere dalla “velocità”, la terza fase dell’evoluzione di Balla. Ed anche qui, tanto per dare un tocco di esaltante partecipazione e di imperitura adesione, Balla, alla nascita della seconda figlia, sceglierà il nome di Elica, simbolo della velocità.
Apre la serie velocistica il famoso “Dinamismo d’un cane al guinzaglio” (1912), e, a seguire, “Studio per Volo di rondini” (1912 circa), “Auto in corsa (studio). Velocità astratta” (1913), “Velocità di automobile” (1913), “Velocità astratta – L’auto è passata” (1913), “Automobile in corsa” (1914), “Linea di velocità dell’aereo Caproni” (1915)…
Tutto questo, e molto altro ancora, in una compositiva successione di opere, alcune sbalorditive, altre mai viste in Italia, provenienti da prestiti internazionali e da collezioni pubbliche e private italiane, sistemate secondo i tre passaggi tematici e cronologici, che abbiamo indicato qui sopra, fan parte della mostra aperta ad Alba, presso la Fondazione Ferrero, da vent’anni benemerita, di biennio in biennio, nell’organizzazione di avvenimenti culturali e artistici di risonanza non solo nazionale.
La ricchissima mostra, curata dalla professoressa e storica dell’arte Ester Coen, rimarrà aperta fino al 27 febbraio 2017, con ingresso gratuito.
Visita imperdibile. Soprattutto (indicazione a titolo personale) nei riguardi della prima parte.
Per informazioni:
www.fondazioneferrero.it