Le molte strade per arrivare a Cristo. I percorsi “inauditi” di Demetrio Paparoni attraverso le suggestioni dell’inconscio

copertina-Paparoni(di Andrea Bisicchia) Le epoche artistiche si sono accorciate, tanto che il secolo è stato sostituito dal decennio, nel frattempo si è moltiplicato il linguaggio critico ed estetico. Per rimanere nell’ambito del cinquantennio trascorso, le metodologie d’approccio all’opera d’arte hanno seguito le indicazioni dello strutturalismo( tutto è segno/linguaggio), dell’ermeneutica (tutto è interpretazione), della narratologia (tutto è racconto).
Anche l’arte religiosa ha risentito del moltiplicarsi degli accostamenti critici applicati alle rappresentazioni di Cristo. Nel terzo millennio, gli studiosi hanno scoperto un nuovo modo di narrare la vita di Cristo, utilizzando il metodo comparativo in estensione temporale con cui coniugare passato e presente. Ciò è stato possibile perché il rapporto col trascendente si è modificato, tanto che il contenuto religioso è stato sostituito da quello umano e la figura di Cristo è stata vista come portatrice di sofferenza, piuttosto che di salvezza.
Demetrio Paparoni ha scelto questa via nell’ultimo libro pubblicato da Skira: “Cristo e l’impronta dell’arte. Il divino e la sua rappresentazione nell’arte di ieri e di oggi”, il cui titolo sintetizza il lavoro di ricerca dello studioso siracusano, conoscitore attento dell’arte medievale e moderna, ma anche e, soprattutto, di quella contemporanea, con accostamenti che potrebbero sembrare blasfemi, vedi il “Keriah” di Anish Kapoor, una massa rossa che rappresenta la lacerazione interiore, vista in rapporto alla lacerazione delle vesti nella “Crocifissione” di Giotto. Paparoni è consapevole che, sia nell’arte di ieri che in quella di oggi,il soggetto debba trascendere la specificità della narrazione per attingere al nostro inconscio a-temporale, per ricercare nuove associazioni e suggestioni. Vedi, a questo proposito, cosa è diventata “La trasposizione dalla croce” di Rosso Fiorentino nella rielaborazione metafisica di Yue Minjum, dove è scomparsa la figura di Cristo, essendo rimasta la struttura geometrica della croce e delle scale, come dire che la sofferenza non sempre ha bisogno della manifestazione del dolore per essere percepita.
La vasta conoscenza dell’arte contemporanea permette a Paparoni degli accostamenti inauditi, resi possibili dalla consapevolezza che il trascendente, oggi, si è liberato dalle imposizioni dogmatiche e religiose, tanto che “La deposizione dalla croce” di Caravaggio potrebbe aver ispirato “La morte di Marat” di David, mentre  “La Pietà” di Sebastiano del Piombo assumerebbe un valore ideologico nella trasfigurazione della “Madre” realizzata da Kallela.
Le scelte di Paparoni non privilegiano l’estetica del bello, quanto quella del terrifico, della crudeltà , quella ritenuta necessaria da Artaud per il teatro. Il volume è ricco di una iconografia comparativa e si legge volentieri per la semplicità dell’esposizione, inoltre si “vede” come uno spettacolo che ha per oggetto le trame crudeli della vita di Cristo.

Demetrio Paparoni, “Cristo e l’impronta dell’arte. Il divino e la sua rappresentazione nell’arte di ieri e di oggi” – Skira 2015 – pp 178 – € 28.