“Le notti bianche” di Dostoevskij? Il ricordo d’un vecchio e timido sognatore che racconta l’unica storia della sua vita

13.1.16 collage notti biancheMILANO, giovedì 14 gennaio ► (di Paolo A. Paganini) Gli annali dello spettacolo riportano più o meno celebri allestimenti di “Le notti bianche”, romantica storia del giovane Fedor Dostoevskij, scritta nel 1848.
Nel 1957 Luchino Visconti ricostruì a Cinecittà le magie nebbiose e surreali di Pietroburgo, per l’occasione diventata Livorno, con un memorabile staff attoriale, da Matroianni, pazzo d’amore per Maria Schell, a Jean Marais, da Clara Calamai a Corrado Pani.
Prima ancora, nel ’34 e nel ’37, ci furono due film d’antiquariato cinematografico che non so se rintracciabili in cineteca.
Poi, nel ’71, Robert Bresson con “Quattro notti di un sognatore”, con Isabelle Weingarten e Guillaume des Forêts (presentato allora alla Quinzaine des Réalizateurs a Cannes).
Nel 1962, nello sfarfallio del bianco e nero, assunse dignità televisiva con Monica Vitti e Giulio Bosetti nel ruolo del giovane sognatore che si innamora di una fanciulla incontrata per caso, ma poi vede infrangersi il suo illusorio sogno di felicità quando ritorna l’atteso fidanzato della ragazza.
Tutta la storia di “Le notti bianche” è in queste due ultime righe.
Ma la semplice storia, appena intrisa d’un decadentismo talvolta melodrammatico, è anche un avvincente studio sulla fenomenologia dell’amore, dell’amore malato, o esaltato, attraverso i suoi inganni, le sue illusioni, le sue attese, la sua infuocata inutilità poetica, le sue mistificazioni. Qui si scava nell’anima d’un timido Sognatore, attraverso la lente allucinata dell’esaltazione amorosa, più rassegnata che eroica, più struggente ed onirica che vissuta realmente, ma tuttavia non meno intensa e coinvolgente. Tutti impeti e languori che tanti ventenni, quelli di non molti anni fa, conoscevano bene, quando l’amore era fatto di attese e di illusioni, di speranze, sogni ad occhi aperti e notti insonni.
Lorenzo Loris è giovane, ma non più giovanissimo. Dovrebbe ricordare – forse – le sognanti attese, i fugaci sfioramenti della mano, il dramma accecante di una pena inestinguibile che trovava sollievo solo all’apparizione della fanciulla amata. Probabilmente ignara o indifferente a tante angosce.
Quando Dostoevskij scrisse “Le notti bianche”, che definì “romanzo sentimentale”, aveva ventisei anni. Mastroianni aveva poco più di trent’anni. Bosetti, lo stesso. Recitarono la parte del romantico Sognatore come ventenni fuori di testa. Ma Loris, che firma adattamento e regia, in scena all’Out Off, ha avuto l’idea di far recitare la parte del Sognatore al 65enne Massimo Loreto, attore intenso e generoso, ma apparentemente fuori tempo e fuori parte. Che c’entra? Si son viste in teatro anche Giuliette sessantenni. Il teatro può tutto. Ma Loris ha voluto giustificare la mistificazione cronologica come un antico ricordo, come una “memoria dal sottosuolo” dell’anima, rivissuta da un vecchio, che, tanti anni prima, a vent’anni, aveva ballato una sola estate, aveva avuto una sola storia d’amore, più sognata che vissuta, certo, ma intensamente reale e concreta, anche se trasfigurata dall’immaginazione.
E con quel ricordo poi ha tirato a campà per tutta la vita.
Ma l’idea di Loris è rimasta purtroppo sulla carta. Dallo spettacolo (poco meno di un’ora e mezzo di romantiche esaltazioni) non emerge che si tratti del ricordo d’un vecchio, del ricordo d’un lontano passato. E Loreto ci mette troppa foga, troppa partecipazione. Tant’è che risulta come na specie di attempato Falstaff che si strugge ridicolmente d’amore per la giovane ventottenne Camilla Pistorello, fresca di diploma all’Accademia dei Filodrammatici, che, con generosa dedizione, ce la mette tutta in enfasi sentimentali e sospensioni dell’anima, ma con eccessi corporeo/affettivi che hanno poco senso, vista la brevità e la spiritualità degli incontri notturni. A meno che anche queste esagerate manifestazioni affettive non siano, a posteriori, consolatorie proiezioni mentali del vecchio, timido, inguaribile, solitario sognatore, che continua ancora a fantasticare, oggi, su quelle gozzaniane rose che allora non colse.
Lo spettacolo ha una sua dignità (ma tempi e testo dovrebbero essere rivisti), con qualche momento di onesta commozione, che il pubblico ha dimostrato di gradire.

LE NOTTI BIANCHE, da Fedor Dostoevskij, adattamento e regia di Lorenzo Loris. Con Massimo Loreto e Camilla Pistorello. Teatro Out Off, Via Mac Mahon 16, Milano. Repliche fino a domenica 14 febbraio.