MILANO, mercoledì 18 marzo ●
(di Paolo A. Paganini) Un paio d’anni fa vedemmo al Puccini una bella e scaramantica edizione di “Le rane” di Aristofane. Scaramantica perché il Teatro Due di Parma, tra originalità e follia, tra passato e presente, aveva puntato su una trasposizione di tesa e scardinante modernità. E, facendo scongiuri, ne uscì bellamente vincente. Con una scena finale semplicemente travolgente: una miriade di palloncini colorati in aria, ciascuno un autore, verso l’eternità dell’empireo o nella leggerezza del nulla. Un successo.
Ora, giocando sulla fiducia, il Teatro Due ha scelto un altro Aristofane, quello di “Le nuvole”, il cui testo è di tutt’altra stoffa. “Le rane” sono del 405 a. C., e il sarcastico e conservatore Aristofane, mitico ed immaginifico, già avvertiva nell’aria l’imminente fine della guerra del Peloponneso (431-404), con la sconfitta di Atene e le tragiche conseguenze politiche ed economiche. Il drammaturgo guardava al passato con le pieghe d’un rimpianto, non acido o sdegnoso, ma sarcastico e carnevalesco, che già sapeva di utopia. Ma sì, ridiamoci su, sembrava voler dire! Con “Le nuvole”, che sono del 423, in piena guerra del Peloponneso, c’era ancora nell’aria il rimpianto di Pericle, l’età dell’oro di Atene, e quindi il contrasto fra gli antichi privilegi e le novità del presente aveva la stridente consapevolezza d’un mondo che stava cambiando.
Dovendosela prendere con qualcuno, l’atistocratico Aristofane chi scelse? Per Giove, non ci son dubbi, con il più conosciuto ed emblematico personaggio dell’epoca: Socrate il corruttore della gioventù, Socrate il negatore degli dei, Socrate il contestatore, Socrate il sofista. E si accanì sul povero Socrate facendogli fare la figura dell’imbroglione e dello scemo, facendolo disquisire sulla lunghezza delle zampe delle pulci o sull’origine del ronzio delle zanzare, se dalla bocca o dal deretano.
La trama della commedia è presto detta. L’avaro contadino Strepsiade è tormentato dai debiti del figlio, dilapidatore dei beni paterni per smodato amore per i cavalli. Strepsiade si rivolge alla scuola-pensatoio di Socrate per imparare l’arte di convincere i debitori a non farsi pagare. Ma è troppo vecchio e tardo di memoria per capirci qualcosa. A allora manda al Pensatoio socratico il figlio, che subito impara la spregiudicatezza di godersi la vita sovvertendo ogni norma…
“Le nuvole”, considerate il capolavoro di Aristofane, traboccano di inventiva, di gioiosa fantasia, di sapido e feroce umorismo. Ma, nell’allestimento del Teatro Due, risultano fievoli e diluite in uno sfilacciamento di tensioni dialettiche, disperdendo il senso dell’imprevisto e del paradossale, le spassose peripezie, quella nostalgica seriosità (moralistica) tra la rievocazione di una felice e rigorosa gioventù dei tempi andati e la dissoluta depravazione del presente. Tutti caratteri di cui è intrisa la commedia. E, soprattutto, non emergono il senso sfuggente, mutevole ed elusivo delle Nuvole, e quel loro canto “bellissimo là dove celebra la funzione che le nubi svolgono nel cosmo e nel ciclo delle stagioni, alte nel cielo presso gli dèi, a contemplare i riti degli uomini...” (Dario Del Corno, “La letteratura greca”).
L’allestimento del Teatro Due, concepito come una compagnia di scarrozzanti che vanno di piazza in piazza a rappresentare “Le nuvole”, ha il senso dell’arguzia e la piacevolezza dell’intelligenza, ma (in due tempi, uno di un’ora e cinque e un altro di quaranta minuti) disperde, per troppo amore per la scena e per l’originalità ad ogni costo, l’intrinseca e martellante tensione delle battute originali, in una miriade di controscene e deformazioni variettistiche, tra dovizia di schiaffoni e giochini di parole (come la maieutica che diventa maiolica!). E i veleni del sarcasmo si son diluiti nel miele della comicità.
Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Gigi Dall’Aglio, Marcello Vazzoler, Luca Nucera, Cristina Cattellani, Laura Cleri, vecchi e nuovi della variegata ed affiatata compagine, han dato corpo, in regia collettiva, a un gradito spettacolo, pur con tempi che talvolta stentano a carburarsi (l’inizio faticoso con il perorare di Socrate, la preparazione della piazza, e l’inutile cicuta finale). Morbide risate e applausi finali per tutti.
“Le nuvole” di Aristofane. Compagnia Fondazione Teatro Due. Regia collettiva. Al teatro Puccini, corso Buenos Aires 33, Milano – Repliche fino a domenica 29 marzo.