(di Andrea Bisicchia) Un libro a più voci, come quello di Tommaso Le Pera: “Lavia il Terribile”, è come una Compagnia di complesso, costruita su un ottimo concertato e su ruoli ben definiti, essendo stato concepito come il risultato di un lavoro complicato che ha bisogno di alte qualità professionali, capaci anche di dare un supporto esecutivo.
Partirei dall’Editore Manfredi, che ha creduto in questo progetto, fatto precedere dalla straordinaria monografia dedicata a Mariangela Melato e, successivamente, dalla co-autrice Anna Testa, la più adatta a “leggere” la mente del maestro degli scatti, quelli che rendono “preziosi” i suoi libri, soprattutto per la particolare qualità di essere, come lo definisce Dacia Maraini, nella prefazione: “Fotografo poeta”.
L’arte del fotografo non è dissimile da quella dell’attore nel momento in cui utilizzano, entrambi, la loro creatività per realizzare il mistero della rappresentazione, essendo anche frutto di un lavoro infaticabile che non contempla alcuna forma di improvvisazione. Le Pera ha “confezionato” ben cinquantanove spettacoli di Gabriele Lavia, dei quali quarantasette come interprete, offrendoci una galleria preziosa di messinscene che non solo rimarranno nella nostra memoria, come, del resto, gli spettacoli, ma resteranno negli archivi, nelle biblioteche a futura memoria.
Ho più volte sostenuto che le foto di Le Pera contengono già una teatralità che, spesso, è in competizione con quella delle realizzazioni sceniche, le guardi ed hai già l’idea di cosa stia andando a vedere, in esse c’è già un “racconto”, direi alchemico, tra la qualità dell’immagine e la qualità dello spettacolo.
Nei suoi scatti, si notano i sentimenti e le emozioni degli interpreti, le loro inquietudini, nel caso di Lavia, la creatività dell’attore che ha studiato a lungo il personaggio di cui interpreta il pensiero, sia quando si tratta di Sofocle, Shakespeare, Ibsen, Strindberg, Schiller, Cecov, Dostoevskij, Pirandello.
Come dimenticare Il Pellicano, La Signorina Giulia, I Sei Personaggi, L’uomo dal fiore in bocca, come dimenticare le compenetrazioni tra corpo dell’attore e corpo della scena, durante la visione degli spettacoli di Lavia? A che cosa è dovuta questa compenetrazione, se non alla consapevolezza che il regista venga prima dell’attore? Oltre che alla certezza che, sul palcoscenico, si mette a posto il “caos” per raggiungere il “cosmos”?
Tra le testimonianze, Emilia Costantini ricorda come, all’inaugurazione dello Stabile di Roma, l’allora direttore Lavia, esordì con una metafora: “L’Occidente è malato e ha bisogno di una cura da cavallo. Così scopriamo di essere tutti cavalli”.
Il rimedio, per Lavia, è quindi, lavorare sodo, donarsi completamente, offrirsi in olocausto.
Basterebbe osservare attentamente la “Galleria” fotografica di Le Pera per aver un’idea precisa di queste considerazioni, sono immagini vive che rispecchiano il lavoro intellettuale ed ermeneutico dell’attore-regista mentre recita a fianco della Guerritore, di Andrea Jonasson, di Eros Pagni, di Carlo Cecchi, di Mariangela Melato, indimenticabile in “Chi ha paura di Virginia Wolf?”, di Lucia nei “Sei Personaggi”, di Michele Demaria e Barbara Alesse in “L’uomo dal fiore in bocca”, certamente uno degli ultimi suoi capolavori interpretativi.
Ogni sua messinscena diventa un evento, soprattutto quando ha a disposizione i grandi spazi, come il Teatro Greco di Siracusa, dove realizza uno stupefacente Edipo. Le Pera testimonia il lavoro di Lavia utilizzando l’obiettivo per creare, in prospettiva, il rapporto tra attore e spazio scenico, immettendo, nel suo lavoro, la stessa adrenalina dell’attore, al momento del debutto.
Il volume è corredato da una completa teatrografia e dalle testimonianze di Tiberia de Matteis, Marcantonio Lucidi, Nicola Luisotti, Maurizio Giammusso, Arnaldo Pomodoro, Marco Sciaccaluga e da colleghi come Herlitzka e Umberto Orsini.
Tommaso Le Pera – Anna Testa, LAVIA IL TERRIBILE, Manfredi Edizioni 2017, pp 312, € 39.