Le sorprendenti iniziative della Pinacoteca di Brera. Disegni e dipinti: una mostra alla ricerca del confronto che non c’è

Francesco Hayez: Betsabea al bagno (1834 circa), grafite (sottotraccia), penna e inchiostro nero e bruno acquerellato, lumeggiature a biacca ; 259x213 mm - Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

Francesco Hayez: Betsabea al bagno (1834 circa), grafite (sottotraccia), penna e inchiostro nero e bruno acquerellato, lumeggiature a biacca ; 259×213 mm – Milano, Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco

MILANO, venerdì 8 maggio   
(di Patrizia Pedrazzini) C’è da dire una cosa sulla Pinacoteca di Brera: riesce sempre a sorprendere. Al di là di ogni previsione. Dal povero “Cristo morto” del Mantegna (celeberrimo per il vertiginoso scorcio prospettico della figura distesa, che sembra “seguire” lo spettatore che passi davanti ai suoi piedi), confinato nel febbraio dell’anno scorso praticamente a livello pavimento, al buio, dietro la “Pietà” del Bellini, secondo l’allestimento “emozionale”di Ermanno Olmi, fino a operazioni più recenti, l’inatteso non manca quasi mai.
Come in quest’ultima mostra, “Il Primato del Disegno”, in calendario dal 9 maggio al 19 luglio. Con un chiaro sottotitolo: “I disegni dei grandi maestri a confronto con i dipinti della Pinacoteca di Brera. Dai Primitivi a Modigliani”.
Il che dovrebbe significare, nelle aspettative del visitatore, la possibilità di ammirare, accostandoli, da un lato lo studio, lo schizzo, il bozzetto preparatorio di un dipinto, dall’altra il quadro stesso. Interessante. Solo che non è così.
L’esposizione, salvo rari casi (per esempio il “San Giovanni Battista con l’agnello” di Costa il Vecchio, e relativo carboncino, oppure la “Betsabea al bagno” di Hayez, con relativa grafite, penna e inchiostro), è costituita quasi esclusivamente dai disegni, mentre per il raffronto lo spettatore viene rinviato, o a strabuzzare gli occhi sulla riproduzione formato mignon del relativo dipinto, visibile sul cartellino esplicativo dell’opera, o a farsi più di un giro per le sale della Pinacoteca, alla ricerca dell’agognato quadro.
Faticoso. Quanto meno scomodo.
Ed è un peccato, perché i disegni, provenienti sia dal Gabinetto di Brera che da vari musei italiani e stranieri (c’è anche il solo studio preparatorio conosciuto – un viso femminile – per lo “Sposalizio della Vergine” di Raffaello, proveniente da Oxford) sono di grande bellezza e interesse.
Problemi di luci differenti, come ha detto in sede di presentazione della mostra la Soprintendente Sandrina Bandera? Problemi di spazio? Difficoltà a spostare ogni quadro accanto al suo disegno?
Perché allora non fare il contrario, ovvero spostare i disegni (quasi tutti, a parte alcuni, di dimensioni accettabili), collocando ogni studio accanto al relativo quadro? E “costringendo” il visitatore a una bella, culturale e fruttifera passeggiata per le sale della Pinacoteca? Oppure, qualora tutto questo fosse risultato troppo difficoltoso, perché non posizionare, accanto a ogni disegno, un’immagine un po’ meno miniaturizzata del quadro in questione?
Perché niente da dire sugli schizzi e sui bozzetti.
Ma il piacere quasi di toccare con mano il passaggio da una sfumatura a carboncino a un’ombreggiatura a olio, dal disegno di una mano su carta al suo corrispettivo su tela, dal nero della matita ai colori della tavolozza, tutto questo, alla mostra di Brera, proprio non c’è.