Le stupefacenti capacità dell’etimologia che, spiegando le parole, riesce a far luce sulle origini della scienza medica

(di Andrea Bisicchia) Da tempo, Umberto Curi, professore emerito di Storia della filosofia all’Università di Padova, utilizza categorie provenienti da discipline diverse per ricercare delle convivenze o dei rapporti, che gli permettano di penetrare i misteri della scienza, della duplicità, della medicina, risalendo alle origini concettuali delle loro manifestazioni. Il filosofo diventa anche antichista, mitografo, scienziato, per poter concepire una narrazione dell’argomento che diventerà oggetto delle sue indagini.
In “Le parole della cura. Medicina e filosofia”, Cortina editore, Curi, assemblando una bibliografia comparativa, cerca di indagare le origini della scienza medica, partendo dalla ricerca etimologica di una serie di vocaboli che le ruotano attorno, come: terapia, farmaco, chirurgia, ad ognuno dei quali, dedica un capitolo, chiedendosi, nel frattempo, fino a che punto possa essere attendibile la ricerca scientifica e professionale.
Le parole della cura diventano, pertanto, una chiave d’accesso per meglio delineare gli strumenti utilizzati da quella che, convenzionalmente, viene chiamata scienza e che lo porta a domandarsi se la medicina sia una pratica oppure una tecnica dotata di un proprio sapere conoscitivo.
Per dimostrare le sue tesi, Curi va alla ricerca dei primordi e, quindi, del mito, tanto che le sue indagini acquisiscono quasi un sapore di racconto perché sfruttano l’iconografica e la narratologia simbolica, tipica della mitologia. Il lettore vedrà accostati alla medicina alcuni nomi famosi del mito, ma utilizzati con accezioni diverse. Per esempio, Crono, non è soltanto il titano che conosciamo, ma è anche colui che sta a base della chirurgia che in greco è: cher-ergon, ovvero lavoro con la mano, termine che si adatta a Chirone, il figlio nato dall’accoppiamento con la ninfa Filica, dai quali eredita la doppia natura umana e divina, come gran parte dei personaggi mitici, prototipo, quindi, di quella duplicità di cui Curi si era occupato in “Endiadi. Figure della duplicità”, Cortina. In che cosa consiste, allora, questa duplicità? Nel fatto che gli elementi della medicina, proposti da Asclepio e Ippocrate, hanno bisogno sia dell’empiria che della gnosi, ovvero della conoscenza per spiegare le cause naturali e razionali del male.
La medicina, però, è anche Techne, ovvero tecnologia, che, però, deve scontrarsi con la natura, phisis. Il lavoro del medico, pertanto, consisterebbe nel ripristinare le leggi della natura che hanno perso, momentaneamente, la loro armonia. Anche il termine Terapia ha un duplice significato, inteso come cura del corpo e dell’anima, ovvero come cura pratica e cura della psiche, onde lo sviluppo di terapia in terapeuta e in psicoterapeuta, il cui compito è proprio quello di ripristinare l’equilibrio e la serenità perduta per pervenire alla catarsi, che non è, certo, quella tragica, bensì quella dell’anima che ha patito il male oscuro.
Anche il termine farmaco ha carattere duplice, nel senso che può agire sia come rimedio che come veleno, quello che, oggi, chiamiamo controindicazione. Curi ricorre, ancora una volta, al mito per spiegare la duplicità, ricordando quello di Panacea, figlia di Esculapio, il cui nome deriva da panace, che è una pianta officinale al servizio della guarigione senza controindicazione fin quando la piaga non è ancora infetta (miasma) e c’è bisogno di allontanarla. Il miasma deve essere espulso, come avviene ad Edipo quando cerca la purificazione a Colono. Infine, anche il termine chirurgia è ambivalente; le origini mitiche, come già detto, si fanno risalire a Crono, che dopo essere stato ferito da una freccia avvelenata, concede la sua immortalità a Prometeo, per liberarsi dal dolore. Spetta alle mani l’intervento chirurgico, ma questo, senza l’apporto dell’intelletto, non è sufficiente. Soltanto insieme possono ripristinare le condizioni naturali, prima che si verifichi l’avvento della malattia.

Umberto Curi, “Le parole della cura. Medicina e filosofia” – Raffaello Cortina Editore 2017 – pp. 140 – € 16