Leonardo a Milano. Dipinti, codici, studi e oltre cento disegni da tutto il mondo per celebrare il ritorno del Genio

Ritratto di dama (La Belle Ferronnière) o “Presunto ritratto di Lucrezia Crivelli” (1493-1495 circa) - olio su tavola di noce, 63 ✕ 45 cm (Parigi, Musée du Louvre, Département des Peintures, Collezione dell’Imperatore Francesco I)

Ritratto di dama (La Belle Ferronnière) o “Presunto ritratto di Lucrezia Crivelli” (1493-1495 circa) – olio su tavola di noce, 63 ✕ 45 cm (Parigi, Musée du Louvre, Département des Peintures, Collezione dell’Imperatore Francesco I)

MILANO, mercoledì 15 aprile 
(di Patrizia Pedrazzini) La giovane donna è bella. Molto bella. Non ha bisogno di abiti fastosi. Non le servono gioielli appariscenti. Bastano, a incorniciarle il viso, il riverbero del vestito rosso sulla guancia, la sottile collana che le gira tre volte intorno al collo prima di ricadere, annodata a un semplice nastro, sul petto, e quella deliziosa catenella che le cinge la fronte, con una piccola pietra incastonata nel mezzo.
Eccolo qui, il Maestro. L’artista, lo scienziato, l’inventore. Il Genio.
Milano, 1495. Ha appena finito di dipingerla, la giovane donna. E la sta osservando, nel suo studio, fissata per l’eternità su quella tavola di noce. Ma lei distoglie lo sguardo, sembra volerlo ignorare, quel pittore che le ha appena regalato l’immortalità. Pare seccata. Forse già medita di andarsene. Un giorno lo farà. Verso la dolce Francia. Verso Parigi. Ma tornerà, un giorno, nella città che l’ha vista nascere.
“La belle Ferronnière”, forse il ritratto di Lucrezia Crivelli, amante di Ludovico il Moro (mecenate dell’artista), è uno dei tre dipinti di Leonardo cui il Museo del Louvre ha concesso di partire per Milano, alla volta della mostra “Leonardo da Vinci 1452-1519. Il disegno del mondo”, a Palazzo Reale fino al 19 luglio. Gli altri due sono il “San Giovanni Battista” e la piccola “Annunciazione”. Mentre dalla National Gallery of Art di Washington è arrivata la “Madonna Dreyfus (o “della melagrana”), dalla Pinacoteca Vaticana il “San Girolamo”, dalla Galleria Nazionale di Parma “La Scapiliata”, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia il celeberrimo “Uomo vitruviano”, non a caso assurto a simbolo dell’Expo.
Davvero un peccato che gli Uffizi di Firenze abbiano negato la grande “Annunciazione”.
Vantata come “la più grande esposizione mai realizzata in Italia dedicata a Leonardo” (due miliardi e mezzo di euro di valori assicurati), la mostra milanese si compone di 225 “pezzi” tra dipinti, disegni, codici, incunaboli, manoscritti, sculture, modelli storici di macchine, dei quali va però chiarito che quasi la metà, 111, non sono di Leonardo, ma di studiosi e di artisti a lui legati, sia in quanto suoi immediati predecessori, sia per le ricadute che la sua figura, le sue tecniche, il suo eclettismo hanno avuto su di loro. Da Paolo Uccello al Verrocchio, da Antonello da Messina a Botticelli, dal Ghirlandaio a Bramante. A Boltraffio, a Marco d’Oggiono, ad anonimi pittori lombardi del Cinquecento e del Seicento.
Il nucleo forte della mostra è tuttavia costituito dai disegni autografi: oltre un centinaio, inclusi il Codice Trivulziano, 38 fogli del Codice Atlantico (dalla Biblioteca Ambrosiana), i trenta “prestati” dalla Royal Collection della Regina Elisabetta II, e altri ancora provenienti dal British di Londra, dal Metropolitan di New York, dalla Biblioteca Reale di Torino. Ed è qui, davanti alle perfette anatomie, ai dettagli tecnici delle invenzioni meccaniche, ai morbidi riccioli delle figure femminili, alla precisione di quei tratti di matita che con straordinaria maestria danno corpo alle espressioni dei volti, all’intreccio delle mani, allo scatto delle muscolature, all’immagine di un sogno, che il Genio esce dal foglio ingiallito, a catturare, esattamente 563 anni dopo la nascita (il 15 aprile in quel di Vinci, frutto della relazione illegittima tra il facoltoso notaio ser Piero e Caterina, di estrazione sociale inferiore), gli occhi, la mente e il cuore del visitatore. E l’emozione è grande.
Ideata e prodotta da Palazzo Reale e Skira (che ne ha anche curato il catalogo) con il sostegno di Bank of America Merrill Lynch, la mostra è articolata in dodici sezioni tematiche, alle quali è affidato il compito di far emergere, in tutta la sua poliedricità, le mille sfaccettature di un artista che, pur toscano di origine, solo a Milano (città nella quale, in due soggiorni, trascorse quasi venticinque anni di vita e di lavoro) riuscì a far completamente esplodere il proprio talento creativo.
Poco convincente l’ultima sezione dell’esposizione, dedicata al “mito” di Leonardo e comprensiva, oltre che della “Donna con la perla” di Jean-Baptiste Corot (dal Louvre) e delle tre Gioconde nude, di un iconografico “Leonardo che ritrae la Gioconda” di Cesare Maccari e di alcune reinterpretazioni più recenti: Duchamp, Baj, l’immancabile Warhol.
Della cui assenza il “mito” non avrebbe sicuramente sofferto.

“Leonardo da Vinci 1452-1519. Il disegno del mondo”, Milano, Palazzo Reale, fino al 19 luglio

www.mostraleonardodavinci.it