(di Andrea Bisicchia) Il tema della morte è stato oggetto di studio da parte di discipline diverse: dalla filosofia al teatro, dalla letteratura al cinema. È intimamente connesso alle nostre emozioni e al modo con cui si gestisce il lutto che, per esempio, nelle tragedie greche, costituiva il sottotesto che poteva essere generato da motivi politico-sociali o da altri, che avevano a che fare con la lamentazione.
Il lutto può essere sia privato che pubblico, nel senso che possiede delle modalità che variano col variare delle società, ma che sono accomunate dalla persistenza del dolore o dalla volontà di perpetuare la vita del defunto attraverso la memoria, per costruirgli una specie di eternità.
Nel mondo antico, è ancora possibile trovare tutti i presupposti di quella che noi chiamiamo la elaborazione del lutto. Molte delle grandi tragedie greche erano costruite proprio su questa elaborazione che raggiungeva il pathos attraverso il lamento, ovvero con la trenodia, col pubblico che veniva coinvolto secondo le modalità della finzione. Oggi le notizie della mortalità dilagano nei social network e nelle trasmissioni televisive dove avviene la rappresentazione spettacolare del lutto, che si conclude con l’applauso o con l’accompagnamento di una orchestrina. Nell’antichità c’era anche questa ed era costituita da strumenti come la cetra, la siringa, la lira, il flauto.
Giovanni Ziccardi, nel volume “Il libro digitale dei morti”, Utet, affronta il tema del trapasso nell’ambito del mondo digitale, ponendosi i medesimi interrogativi dei nostri antenati circa il rapporto vivo-morto, eternità-oblio, presente-futuro. Le domande sono: quale sarà il destino di un profilo sui social? Quale la durata? Quale l’eredità? Come pervenire ai codici d’accesso per potere utilizzare i dati lasciati dal defunto? O ancora, fino a che punto il mondo digitale potrà ritenersi connesso con la vita dell’essere umano? Si tratta di un mondo popolato di milioni di morti digitali che ha una sua logica, una sua disciplina, oltre che una sua legislazione. Quelli che erano e sono i nomi, a futura memoria, nei loculi, sono diventati i “profili” sui network.
Nel terzo millennio, l’esibizione del lutto è diventata una normalità in occasione di un funerale, tanto che, spesso, si registra la partecipazione di migliaia di persone che non hanno alcuna parentela col defunto, se non quella di una relazione sentimentale creata da un evento televisivo drammatico che evidenzia, soprattutto, un’ingiustizia. La stessa esibizione avviene attraverso i social fino a chiederci a che punto la tecnologia possa reinterpretare sia il lutto che il dolore, o fino a quando possa durare la morte digitale, o, magari, poterne decretare la scomparsa con l’eliminazione dell’utente.
Un fatto è certo: la tecnologia ha già creato un grande cimitero virtuale e ha trasformato le stesse categorie di vita e di morte, applicate al digitale, tanto che da cittadini sociali, siamo, ormai, diventati cittadini digitali.
Giovanni Ziccardi, “Il libro digitale dei morti. Memoria, lutto, eternità e oblio nell’era dei social network” – Utet 2017 – pp 256, € 15,00