L’evento teatrale, “connessione di un istante con l’eternità” in un itinerario capace di collegare il passato con il presente

(di Andrea Bisicchia) Nella Collana “Farsi una idea” il Mulino ha pubblicato, di Francesco Ceraolo, docente di Storia del Teatro nell’Università del Salento, “IL TEATRO CONTEMPORANEO”. Non si tratta di un libro di storiografia vera e propria, quanto di un itinerario che parte dal presente per parlare del passato e ritornare al contemporaneo.
Le “Guide” hanno un valore didattico, tanto che possono usufruirne sia gli studenti che i lettori che vogliono porre le basi per continuare uno studio in maniera più approfondita. L’autore parte da alcune domande che riguardano lo scopo di una rappresentazione, da non intendere solamente come il risultato di un processo mimetico, quanto come una vera e propria spiegazione sul senso della vita, tanto che il teatro è da intendere non soltanto come il luogo dove si consuma una azione, ma anche quello in cui avviene una ”procedura”, il cui compito consiste nel legare il presente al passato e viceversa, o, come direbbe Alain Badiou, di cui Ceravolo aveva curato “Rapsodia per il teatro”, di connettere ”l’istante con l’eternità”, “l’atemporalità con la temporalità sperimentale dovuta alla singolarità dell’evento teatrale”.
Su questa base, Ceraolo introduce il lettore nel presente, essendo convinto che il compito di una messinscena consista nell’abbattere il tempo e affidarsi al suo “procedere”, ovvero alla sua capacità di raccontare il teatro senza incappare, rigorosamente, nel metodo storiografico e, per giunta, con le sue cronologie, ma di offrire una “mappa” per orientarsi. Ci sono già spettacoli che contengono in sé questa mappa, capace di collegare il passato al presente, ben visibile, per esempio, negli spettacoli di Castellucci, come “Orestea” o l’“Inferno”, quest’ultimo andato recentemente in scena al Palazzo dei Papi, ad Avignone, entrambi liberamente “ispirati” a due noti classici.
Ceraolo fa altri due esempi, per avvalorare la sua tesi, quello di “Sabato, Domenica e Lunedì” di Eduardo, con la regia di Servillo, e quello di “Così fan tutte”, con la regia di Martone, esempi che rimandano al mistero del teatro e che permettono di riportarci alle Origini, se non alla “Poetica” aristotelica, attraversandone la natura estetica, con i suoi codici spettacolari, politici, sociali, antropologici, che mutano sia con i tempi che con i luoghi in cui il teatro agisce.
Ceraolo suddivide la sua ricerca in cinque capitoli, nei quali evidenzia il continuo rinnovarsi della scena, partendo da quella in cui dominava il Grande Attore, per arrivare al teatro di Regia e di Drammaturgia, che lo aprirono a nuove prospettive. Successivamente, conduce il lettore nei luoghi della sperimentazione e della performatività, fino a quelli che subiscono l’invasione della scena da parte dei media che favoriranno, a loro volta, le forme di teatro del terzo millennio che, a dire il vero, erano già note nel secondo millennio, come quella del “Teatro Immagine”, in cui la scena veniva concepita come ”immagine plastica” , già evidente nelle messinscene di Bob Wilson, o quella del “Teatro Voce”, da intendere come medium tra corpo e racconto e, ancora, quella del “reenactment” (rivisitazione) che consiste nel ridurre il copione ai confini tra teatro e documento, tra teatro e vita e che rimanda a “I performer Studies”, o a Milo Rau, più volte visto a Milano, che  basa, proprio sul reenactment, le vicende e i personaggi storici della cronaca che abbiano avuto particolare notorietà, insomma, un “Teatro documento” degli anni Sessanta-Settanta, riveduto e corretto.
A questo punto, Ceraolo, con andamento saggistico, esplora gran parte del teatro contemporaneo di cui è stato testimone, senza tralasciare, però, la genealogia del pubblico e l’utilizzo di “sipari virtuali”, durante l’ondata del covid.

Francesco Ceraolo, “IL TEATRO CONTEMPORANEO. Presente e futuro nell’arte scenica”, Il Mulino 2022, pp. 148, € 12.