L’Illusion Comique, un “mostro”: sovverte tutti gli schemi, tra verità e menzogna, tra rigore formale e libertà d’invenzione

TORINO, domenica 24 dicembre – Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale presenta al Teatro Gobetti, martedì 16 gennaio 2018, in prima nazionale L’ILLUSION COMIQUE di Pierre Corneille, per la regia di Fabrizio Falco (messinese, Falco da tempo alterna i ruoli di interprete e di regista).
Con Titino Carrara, Leonardo De Colle, Loris Fabiani, Fabrizio Falco, Mariangela Granelli, Elisabetta Misasi, Massimo Odierna, Matthieu Pastore, Maurizio Spicuzza. (Scene e costumi di Eleonora Rossi, musiche di Angelo Vitaliano. Prodotto in collaborazione con il Centro Teatrale Santacristina. In scena al Gobetti fino al 4 febbraio 2018).
L’Illusion Comique di Pierre Corneille, capolavoro del teatro barocco, è stata portata in teatro. da alcuni dei più grandi registi, da Luca Ronconi a Eimuntas Nekrošius, a Nikolaj Karpov. Ma vanta anche felici versioni cinematografiche, di Marco Bellocchio, di Daniele Ciprì).
Commedia in cinque atti di Pierre Corneille, rappresentata al Théàtre du Marais di Parigi tra il novembre 1635 e la Pasqua del 1636, L’Illusion Comique racconta la storia di un padre (Pridamante) alla ricerca del proprio figlio (Clindoro), dei suoi rimorsi per essere stato duro con lui e dei tentativi per sapere se è ancora vivo; e racconta anche le peripezie amorose del giovane che lo conducono in prigione, e della sua fuga con la ragazza che ama (Isabella).
Una fitta trama che si lega a temi portanti come la magia e il teatro, legati dalla stessa natura, quella di dare l’apparenza del reale, così come il tema dell’illusione, motore di stupore ma anche di equivoci e fraintendimenti.
«Parlare de “L’Illusion Comique”», commenta Fabrizio Falco «non è impresa facile. Corneille lo definisce uno “strano mostro” per la condensa di generi teatrali in esso contenuti e per la capacità che ha l’opera di sovvertire tutti gli schemi. La cosa che da sempre mi ha affascinato dell'”Illusion è il rapporto tra il suo bizzarro rigore formale e la libertà di invenzione che è nascosta tra le sue maglie.
«Pridamante alla disperata ricerca del figlio, si imbatte nel mago Alcandro che gli mostra, grazie all’apparizione di “fantasmi parlanti”, le scene della vita di Clindoro fin dalla sua fuga. Per me il nucleo centrale di questo testo, si trova proprio nel rapporto padre-figlio, vissuto attraverso il filtro del teatro. Il padre a sua insaputa assiste ad una rappresentazione (forse menzognera?) della vita di Clindoro. Vita e teatro, così si impastano, rendendo labili i confini tra verità e menzogna. Pridamante attraverso quello che vede, riflette su di sé, scatenando una catarsi di dickensiana memoria, seguendo le gesta di Clindoro e compagnia… Mi è sembrato interessante cercare le tracce di un racconto metateatrale sulla compagnia di cui fa parte Clindoro. Se il figlio di Pridamante e i suoi amici sono degli attori, qualche elemento doveva pur essere disseminato nel testo: i rapporti tra gli attori, le sfide a colpi di versi, attori vecchi e attori nuovi, una possibile scalata dal genere della commedia alla tragedia (come quella che farà Corneille dopo aver creato “L’Illusion Comique”)… Ho setacciato il testo alla scoperta di indizi. Credo di averne trovati a sufficienza da rendere plausibile e non arbitraria questa mia lettura...»

Teatro Gobetti, Via Rossini 8 – Torino
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