L’impossibilità di fissare in forme stabili il flusso inarrestabile della vita. Per Simmel. E secondo il relativismo di Pirandello

(di Andrea Bisicchia) Leggendo “Il conflitto della civiltà moderna” di Georg Simmel, edito da SE, nel quale il filosofo tedesco, rimanendo fedele al suo relativismo, sostiene che il corso vitale dell’esistenza non può consistere se non dentro forme che, nello stesso tempo, non può vivere, se non contemporaneamente, altrimenti le distrugge, non si può non pensare al relativismo pirandelliano, quello teorizzato nel saggio sull’Umorismo, in cui l’agrigentino afferma che la vita è un flusso continuo che noi cerchiamo di arrestare e di fissare in forme stabili, che, però ci sfuggono, perché, sotto tale flusso, tutte le forme fittizie crollano.
Nel 1908, anno di pubblicazione del saggio, Pirandello è un semplice narratore, che non si è cimentato ancora col teatro. Quando questo accadrà, il relativismo prenderà consistenza nel rapporto vita e forma che caratterizzerà gran parte della produzione. Questo rapporto fu teorizzato da Adriano Tilgher, nel suo libro: “Studi sul Teatro contemporaneo” (1924), che, da studioso della filosofia, egli doveva ben conoscere.
Per Simmel, le forme della conoscenza si rivelano plasmabili a causa delle forze vitali che le attraversano, tanto da essere concepite come funzione della vita stessa che, nel suo evolversi, si riveste di forme nuove e sempre diverse che generano, a loro volta, non solo un conflitto di civiltà, ma anche il malessere dovuto al contrasto Vita e Forma, tanto che persino lo stesso concetto di civiltà è connaturato a quello di una realtà vitale, di cui l’individuo è un punto di incrocio. Simmel, però, sostiene che la Forma è insufficiente per il manifestarsi della vita, specie nel suo rapporto con l’Arte. Se la vita dovesse incastrarsi nelle forme, si troverebbe falsata nell’opera artistica, perché solo la vita è in grado di capire sé stessa, la cui funzione rimane connaturata al processo di conoscenza che si intreccia con essa.
Nel terzo capitolo, dal titolo “La vita nell’Arte”, Simmel si intrattiene anche sulla figura dell’artista, la cui commozione interiore,  a suo avviso, prosegue nell’opera che compone che, a sua volta, si plasma con la vita stessa.
Per Pirandello la forma nega la vita, essendo, la vita, un fluire continuo, al massimo può ritenersi l’aspetto esteriore che l’individuo assume nel contesto sociale, ovvero una maschera nuda. Per il drammaturgo, esistono centomila forme che mutano in continuazione, ma esiste anche una forma che incatena il personaggio e che scompare quando scompare il personaggio, inutilmente, pertanto, si crede che, quando si raggiunge una forma, contemporaneamente si conquista la vita. Si può obiettare che, in astratto, non si esiste, che occorrerebbe intrappolare l’essere in una forma per farlo vivere almeno temporaneamente.
Per Simmel, la trasmutazione di una forma in un’altra forma crea il cambiamento, convinto che solo la conoscenza permetta di sostituire una forma con l’altra, benché soggette alla forza vitale dell’esistenza che è l’essenza di tutto l’essere in generale. L’individuo assimilato ad una forma perde la sua identità, per cui l’esistenza gli si presenta come un grande palcoscenico sul quale ognuno può recitare la propria parte di personaggio.

Georg Simmel, “Il conflitto della civiltà moderna” – Ed SE 2008 – pp 72 –  € 12.