L’imprevedibile Branciaroli con coraggiosi compagni d’arme ha voluto fare il salto mortale d’una parodia della parodia

dipartitaMARTEDI 22 LUGLIO
(di Paolo A. Paganini) Una parodia è il rovesciamento in scherzo satira burla sberleffo, o quel che volete, di un testo o di un modo di essere o di parlare di norma considerati seri e rispettabili. Li si prende, li si mette alla berlina e ci si ride sopra.
Per esempio, “Finale di partita” di Beckett, tragica parodia di un mondo in agonia, con quattro disperati sopravvissuti a una conflagrazione nucleare o al fatale esaurimento della vita sulla terra.
Ora, Franco Branciaroli, eclettico sperimentatore di generi e situazioni drammatiche tra le più assurde e provocatorie, passando dalla fedele sottomissione ai testi classici ai più spavaldi e stralunati travestimenti, dall’uso di una voce di straordinarie coloriture alle più smaccate ed esilaranti imitazioni (da Gassman a Carmelo Bene) si è cimentato in un altro gioco di prestigio: la parodia di una parodia. Ha preso, cioè, il citato “Finale di partita”, di per sé una parodia, l’ha girato come un calzino, e, oplà, è venuto fuori “Dipartita finale”, da lui scritto interpretato e diretto nella Sala grande del milanese Teatro Franco Parenti facendo agire in scena lo straordinario 94enne Gianrico Tedeschi, invasato e irrefrenabile, corre, smania, fa passi di danza, un vero miracolo di longevità e di giovanile vitalità (con il sospetto d’un utilizzo registico un po’ impietoso). Qui fa il servo (Clov in “Finale di partita”) agli inamovibili Ugo Pagliai (76 anni), che interpreta l’amico cieco (Hamm in Beckett) che dorme e russa, e al misterioso Massimo Popolizio ch’è il più giovane del gruppo (53 anni) e, forse, destinato all’immortalità (o a qualcosa del genere) come i più fortunati e privilegiati abitanti della Terra, emigrati su un altro pianeta (qui figureranno come divinità d’un novello Olimpo, fra gli attoniti indigeni, divertendosi a cambiare, nei ricorsi della Storia, l’antica vicenda greca, facendo vincere i Troiani. E poi anche Napoleone!).
Fra questi tre sopravvissuti allo sfinimento della Terra arriva infine Franco Branciaroli (67 anni), che interpreta la Morte, a sua volta stanca ed esausta dopo tanto lavoro con la falce. Si gioca un pokerino con Tedeschi (altra parodia del “Settimo sigillo” di Bergman) mettendo sul piatto la vita o un caffè. Finirà con la morte della Morte, con le ossa fracassate a bastonate dall’immortale Popolizio (scena comica di parossistica bellezza). Fine.
Dopo un’ora e dieci senza intervallo, con la sala del Parenti piena di appassionati sostenitori, diciamo che lo spettacolo di Branciaroli è stato un deludente esperimento parodistico. Impastato di ammiccamenti testoriani (dall’Ambleto a “Gli angeli dello sterminio”), insaporito senza misura con voluti dialettismi personali (dal toscano al romanesco), buttando lì qualche ciliegina erudita (il parodista dissacratore Cecco Angiolieri) o qualche scardinata icona catechistica, e finendo, in conclusione, con un monologo, più irritante che giustificato, d’un Popolizio (che continuavamo a chiederci cosa ci stesse a fare lì sdraiato da un’ora senza fiatare) “Dipartita finale” dà più l’impressione d’una scherzosa bambinata, o d’una nobile goliardata. I protagonisti dicono che si sono tanto divertiti. E allora prendiamolo anche noi come un estivo divertissement.
Applausi entusiasti alla fine, come se fosse un capolavoro, probabilmente dovuti all’indubbia stima professionale verso i quattro interpreti. Si replica solo fino a sabato 25.
“Dipartita finale”, di/con Franco Branciaroli, e Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Massimo Popolizio. Al Teatro Franco Parenti, Via Pier Lombardo, Milano.