L’incontro, da due secoli diversi, delle figlie di Victor Hugo e di Georges Simenon. E la follia diventa tenerezza e poesia

MILANO, mercoledì 15 novembre ► (di Paolo A. Paganini) Dalle evanescenti nebbie della follia emergono in teatro, all’Out Off, due marginali figure che, nella storia della letteratura, occupano brevi citazioni, totalmente assorbite dalla sovrabbondante fama dei loro padri. Una, Adèle, figlia di Victor Hugo, forse il più celebrato scrittore francese, poeta, drammaturgo, uomo politico, personaggio fondante di quel romanticismo francese, più realista che mieloso. L’altra, Marie-Jo, figlia di Georges Simenon, il più prolifico, amato e amatore francese, dissipatore d’una intensa e instabile vita privata, due matrimoni e diecimila donne (si vantava) in maggioranza prostitute, eppure inventore dell’imperituro Commissario Maigret, con 75 romanzi e 28 racconti. Bon.
Adèle visse a lungo in un ospedale psichiatrico, dove morì a 85 anni, nel 1915, dopo aver atteso tutta la vita un suo impossibile amore; mentre Marie-Jo, pessimo rapporto con la madre, ma teneramente innamorata del padre, morì suicida a ventitré anni.
Le due donne non hanno nente in comune, se non la malattia mentale e l’ingombrante celebrità dei padri. Ma, nella finzione teatrale, “Una promessa d’amore” di Lucrezia Lerro, sono compagne di degenza, forse amiche, di certo infelici, nello stesso imprecisato ospedale psichiatrico, più luogo mentale di struggimenti affettivi, che reale struttura di cure psichiatriche.
Per l’autrice, si tratta di due personaggi di poetiche suggestioni, che suscitano molti perché e poche emozioni, semmai un umano e sincero interesse per le alterazioni mentali.
Intanto ci sarebbe da chiarire se i due stati patologici siano conseguenza di problematici squilibri familiari, o se si tratti di connaturati e preesistenti problemi soggettivi, che hanno determinato in loro una visione deformata della realtà.
Per meglio chiarire, è stato l’adorato padre donnaiolo e puttaniere a turbare la mente della figlia Marie-Jo, o lei era già mentalmente predisposta e disturbata da un difficile rapporto con la madre, emotivamente morbosa? E ancora, a sua volta, è stato lo spasmodico desiderio di amore di Adèle a indurla a trasfigurare per tutta la vita un inesistente rapporto d’amore con un giovane ufficiale d’oltre Oceano, fino a impazzirne, o è stata un’ossessiva gelosia per Leopoldine, la sorella prediletta, morta annegata in una gita in barca?
Insomma, i germi della follia sono preesistenti e connaturati o si scatenano dopo, a causa di imprevedibili e insopportabili situazioni esterne?
Non diremo più di tanto in una materia che non è la nostra, e forse neanche di Lucrezia Lerro. Ma sta di fatto che non ci sentiamo di condividere la possibile ipotesi che se ne può ricavare, che cioè le colpe dei padri ricadano sui figli. E, comunque, rimane il fatto teatrale.
Ottanta minuti senza intervallo, diretti da Lorenzo Loris, con la pudica maestria e sapienza di sempre, recitati da Monica Bonomi (Adèle) e Silvia Valsesia (Marie-Jo) che, dai puntidi vista di due diversi caratteri, passano dall’angoscia di una vita insopportabile alle idee fisse di uno stato mentale alterato, così tipico delle nevrosi, che fanno vedere soffrire e pensare anche quello che non esiste. C’è, invece, un sentimento di pietas, che Lucrezia Lerro esprime con tenerezza poetica e con l’amore di una scrittura che non vuol dimostrare ma suggerire. Anche e soprattutto per merito e virtù delle due generose attrici.
Calorosi applusi alla fine pertutti. Si replica fino a domenica 3 dicembre.

UNA PROMESSA D’AMORE, di Lucrezia Lerro, regia Lorenzo Loris, con Monica Bonomi e Silvia Valsesia. Teatro Out Off, Via Mac Mahon 16, Milano
www.teatrooutoff.it