Lo spirito di Parise in una limitata degustazione di alcuni lemmi dei suoi Sillabari. Pochi, ma di più non si poteva

Monica Bonomi e Edoardo Siravo in “Sillabari”

MILANO, venerdì 23 novembre ► (di Paolo A. Paganini) Non solo nel mondo veneto, ma anche nel panorama letterario italiano del secolo scorso, si staglia l’originale presenza d’un poeta delle piccole cose, che non sono le gozzaniane rose che non colse, ma anzi l’assaporata fragranza di esperienze che l’esistenza offre quotidianamente (a chi sa coglierle) senza celebrazioni e fanfarismi, tra commozioni e solitudini, tra illusioni del passato e derive del presente. E intanto si affacciano alla mente apparizioni di movenze animalesche di donne misteriose, corpi avvolti in un profumo di sentimenti elementari ed essenziali, esperienze emozionali e carnali, e sentori di bouganvilles, di prati e di mari, e il vissuto abbraccio d’un incontro o di un addio. Coinvolti da una soffusa  gamma di suggestioni sensoriali, vissute in una continua frattura tra sogno e realtà.
Stiamo parlando di Goffredo Parise (Vicenza 1929 – Treviso 1986) e dei suoi “Sillabari”, cinquantacinque brevi racconti come “poesie in prosa”, piccole storie di sentimenti umani dalla A alla Z (ma interrotti alla S, perché “la poesia l’aveva abbandonato, come la vita, come l’amore…”
E così sfilano alfabeticamente, in un linguaggio lieve e carnale, questi preziosi racconti di sentimenti e stati d’animo, in una prosa stilisticamente innovativa. Da A, come Amore o Amicizia, a B, come Bacio o Bellezza, e,via via, Dolcezza, Estate, Felicità, Gioventù, Hotel, fino all’ultima S di Sesso, Simpatia, Sogno, Solitudine. E fine.
Come narratore, apparvero a puntate, sul “Corriere della Sera”. Ma, come corrispondente, Parise scrisse anche drammatici e commossi articoli sulla Cina, sul Viet Nam, sul Biafra, sul Laos, sul Cile…, sempre così intimamente intrisi di una pietas che, negli anni ’70, ancora si sapeva cosa fosse. D’altra parte, Parise si portava dentro un vissuto di angosce e di assenze, come figlio di ragazza madre, che tuttavia Parise riportò poi in una vasta gamma di esperienze, nei Sillabari. Insieme con non sprecate dolcezze, come la gioia e il calore di una vera famiglia, che non ebbe e che trovò, quando la madre sposò un noto giornalista, che tenne Goffredo come amatissimo figlio. Insomma, imparò presto tutte quelle amarezze e dolcezze, di cui s’impregnò la sua anima di poeta scrittore. Fino alla malattia degli ultimi anni, fino alla morte ancora giovane.
La premessa è stata necessaria per meglio comprendere lo spettacolo “Amore Ingenuità Poesia Sogno…”, da “Sillabari” di Goffredo Parise, in scena all’Out Off, ideazione e progetto di Roberto Traverso e Lorenzo Loris, regia dello stesso Loris. E, seppur in un affascinante allestimento scenico, intenso ed essenziale, di più non si sarebbe potuto fare. Ben l’aveva capito Nanni Moretti, che si era affidato, come narratore, alla lettura dei “Sillabari” in una registrazione di Audiolibri.

Edoardo Siravo, Monica Bonomi e Stefania Barca

Alla coppia Traverso-Loris va ascritto un amore per la letteratura e per il teatro che qui travalica i limiti di una giudiziosa prudenza. Ma giustificata da un loro personale e legittimo omaggio alla Poesia, all’Ingenuità, al Sogno. Come creare, però, per la scena, un filo sensatamente coerente? Come restituire il fascino segreto di quei 55, o 54 che siano, racconti brevi di Parise, così ricchi di abbacinanti riflessi d’infinite variegate sensazioni? Impossibile. A priori, dunque, l’impresa di una riduzione contestualmente fedele e completa doveva essere abbandonata, in cambio di un’idea portante. Allora, appare di convincente dignità ed efficacia stilistica, la scelta di “caricare” di significati originari un personaggio centrale, capace di condurre il gioco drammaturgico con sufficiente unitarietà, approssimativa, ma scenicamente efficace. Il personaggio non poteva che essere una metaforica presenza dello stesso Autore, con le sue ansie di vita, con le sue illusioni, con le sue sconfitte, con la sconfitta d’un rimpianto o di una rinuncia. E con la presenza dell’ombra incombente del male dello s crittore. E della fine che ormai si rifletteva negli occhi d’uno specchio…
In scena, Edoardo Siravo si prodiga in una onirica leggerezza espressiva, tra sogno e rimpianti, ma qui appare molto più inisivo ed efficace in un alfabetico paradigma dell’ Amore, nelle diverse forme e situazioni di maggiore intensità drammatica. Con Siravo, s’intrecciano in esuberanti voglie d’amore e di vita, Monica Bonomi e Stefania Barca. Bene.
Alla fine (poco più di un’ora sena intervallo), attori e regista sono stati accolti da un caloroso tripudio d’applausi.

“AMORE, INGENUITÀ, POESIA, SOGNO… (SILLABARI)”, di Goffredo Parise. Ideazione e progetto Roberto Traverso e Lorenzo Loris. Regia Lorenzo Loris. Con Edoardo Siravo e con Monica Bonomi, Stefania Barca. Teatro Out Off. Via Mac Mahon16, Milano. (In alcune delle repliche dello spettacolo si svolgeranno brevi incontri introduttivi con artisti, scrittori e giornalisti). Repliche fino domenica 23 dicembre (e l’11, 12 13 gennaio al teatro Palladium di Roma).

www.teatrooutoff.it