L’ormai vecchio Casanova vuole ancora provare le proprie arti amatorie con una ragazza. Consacrazione di una fine

18.5.16 Casanova, Lombardi, foto Luca ManfriniMILANO, martedì 18 maggio ► (di Paolo A. Paganini) A 53 anni, Giacomo Casanova si trova ospite a casa dell’amico Olivo, che 16 anni prima, poche ore prima del suo matrimonio, aveva gratificato con un munifico dono nuziale e con un bel paio di corna. Ora la moglie Amalia, pur madre di tre femmine, dopo quella prima volta, sarebbe felice di ritrovare ancora una volta, l’ultima, la felicità di quell’antica estasi. “Ma guardami! Le rughe sulla fronte… le grinze del collo! E il solco profondo che corre dagli occhi alle tempie… E queste mani! Dita come artigli… macchioline gialle sulle unghie… Sono mani di vecchio, Amalia“, la disillude Casanova.
E noi pensiamo: toh, l’avventuriero Casanova, il maestro di menzogne, il gran conquistatore di femmine d’ogni rango ed estrazione, di dame e prostitute, ora ha imboccato il viale del tramonto, ha sopito la sua fame di sesso e d’avventure, è diventato saggio… Macché. Egli soggiunge, non mi avrai, Amalia, “a meno che io non abbia posseduto prima Marcolina…”
Ed eccoci dunque coinvolti in un’ultima penosa storia di questo inesausto copulatore, che avrà anche perso il pelo ma non il vizio. Marcolina, intelligente affascinante ventenne, è anche lei in casa di Olivo e Amalia, che le fanno da zii. È studiosa, virtuosa e indifferente agli uomini, dicono. Ma Casanova fa presto a fiutare che la femmina non è proprio così. E scopre che in realtà la virtuosa fanciulla riceve nottetempo nel proprio letto un giovane sottufficiale.
Siamo nel mezzo della storia narrata da Arthur Schnitzler nel romanzo breve “Il ritorno di Casanova”.
Il ritorno del titolo si riferisce al ritorno nella Serenissima dopo la rocambolesca fuga dai Piombi. Ora è in attesa della sospirata grazia che Casanova si aspetta dopo venticinque di esilio.
Ah, tornare nell’amata, sensuale, godereccia Venezia, così intrisa di piaceri, di feste, di amori, di maschere, come ancora se la sogna il vecchio filibustiere. Ma anche Venezia non è  più così. Come lui.
Ma ora, prima di partire, vuole Marcolina, si crede ancora l’irresistibile libertino d’un tempo, e soprattutto, ormai vecchio, vuole quella carne fresca di fanciulla, come l’assunzione d’un rituale ritorno di giovinezza. Con un sotterfugio, dunque, il grande truffatore, riuscirà nell’intento. Sostituirà il sottufficiale nel letto dell’ignara Marcolina. Ma, alle prime luci dell’alba, avrà anche la consacrazione del proprio annientamento, della propria degradazione: lo sguardo di orrore, di rabbia, di vergogna, di schifo della ragazza per quel vecchio.
Il romanzo di Schnitzler, stupendo, per annotazioni d’ambiente e per profondità psicologica dei personaggi, si presta, peraltro, a un’altra interessante lettura critica, là dove traspare il traslato politico-sociologico della dissoluzione morale di una Venezia fatiscente fine Settecento, rapportata al tragico tramonto dell’Austria Felix con la Prima Grande Guerra, nel 1918, l’epoca cioè della scrittura del “Ritorno di Casanova”.
Ora, il romanzo, trasposto sulle scene, al Piccolo Teatro Studio (traduzione, adattamento e regia di Federico Tiezzi), recitato in prima persona da un convincente seppur caricato Sandro Lombardi, non può ovviamente avere tutti i succitati registri della scrittura originale. Anche perché in un’ora senza intervallo non si possono fare miracoli. Eppure, anche scremato di quelle annotazioni e analisi letterarie, che arricchivano il romanzo, conserva un suo straordinario fascino, tutto giocato sul tramonto dell'”eroe” e sul rapporto Casanova/Marcolina, Casanova/Sottufficiale, e Casanova/Lombardi. Spieghiamo il precedente aggettivo “caricato”. Qui Casanova ha perso la pur pallida aura luciferina delle sue “gloriose” referenze erotiche e seduttive, che in un vecchio sono smpre penose. Ma non così tragiche. Nel romanzo hanno una valenza più spirituale che fisiologica, come stanchezza morale, come snervata impazienza di tornare a Venezia, come sfiducia, come crisi spirituale ripiegata all’indietro, nei ricordi. Qui, ahimè, sulla scena, a soli 53 anni, appare subito già vecchio e acciaccato, bronchitico e anchilosato. Ma ci sta anche bene, perché poi, incontrata Marcolina, s’ingagliardisce di nuovi stupori giovanili. Fino al suo non eroico ritorno a Venezia, dove si degraderà definitivamente, come spia prezzolata del Consiglio dei Dieci. Ormai irrimediabilmente vecchio e finito senza speranza. Amen.
Spettacolo di pregevole e audace proposta, accompagnato da un suggestivo accompagnamento dal vivo di percussioni e violoncello. Calorosi applausi alla fine.
Un piccolo, intelligente cameo raccomandabile in questo scorcio di fine stagione.
Si replica fino domenica 29.

“Il ritorno di Casanova”, di Arthur Schnitzler, traduzione, adattamento e regia di Federico Tiezzi. Con Sandro Lombardi. Partecipazione di Alessandro Marini. Con Omar Cecchi e Niccolò Chisci (percussioni) e Dagmar Bathmann (violoncello). Al Piccolo Teatro Studio, Via Rivoli 6, Milano.