“Ma quando vien lo sgelo”, canta Mimì. Intanto, dopo prove massacranti, s’è “sgelata” l’orchestra. In un tableau vivant

Elena Mosuc (Mimì)

TORRE DEL LAGO (Lucca), sabato 28 luglio ► (di Carla Maria Casanova) Corre una voce, a Torre del Lago: qui è come fosse il manico dell’ombrello. Anche se il cielo è procelloso, se a Viareggio diluvia, se la meteo annuncia temporali e pioggia, a Torre del Lago il cielo “gira”, si apre. Insomma, non piove. Per un teatro all’aperto, non è da poco.
L’ho sperimentato alla prova de “La Bohème”, terza opera in cartellone: le previsioni non davano speranze. Gli smartphone, consultati con apprensione, citavano irrevocabilmente acqua. Il cielo presentava nuvoloni plumbei. E due gocce sono anche arrivate. Due. Poi il cielo è “girato”, si è aperto.
Se la prova generale dell’opera è durata cinque ore e mezza, il motivo è un altro: l’orchestra e coro, che da anni collaborano con i complessi del Puccini Festival (tra poco impegnati, tra l’altro, nella trasferta in Finlandia, al Festival di Savonlinna), sono quelli del Teatro dell’Opera di Tblisi (Georgia) e i bravi professori si erano diligentemente preparati in patria, però ciascuno per conto proprio, sulla sua parte: insieme non avevano ancora provato.
Si sa che, in orchestra, quello che conta è suonare insieme. Il direttore Alberto Veronesi si è sentito mancare rendendosi conto del lavoro che gli si parava davanti per ottenere il risultato voluto o per lo meno accettabile. Eppure ce l’ha fatta, con un tour de force eroico. Forse anche aiutato dal particolare che “La Bohème” è una delle opere che ha nel cuore, non fosse che per l’afflato che si sprigiona da quelle note di Mimi, “ma quando vien lo sgelo, il primo sole è mio” (“Un momento di bellezza musicale indescrivibile,- dice Veronesi – che lascia senza fiato”).

Lana Kos (Musetta)

Ecco, da lì il miracolo si è compiuto anche con lo “sgelo” dell’orchestra, che ha imposto però prove massacranti. Per Alfonso Signorini, regista dell’opera, la frase su cui puntare è stata un’altra: atto terzo: “Soli d’inverno è cosa da morire…ci lasceremo alla stagione dei fiori” si dicono i due amanti che, consci della prossima fine della loro storia, cercano qualsiasi scusa per farla durare ancora un po’. Ecco dunque una regìa incentrata sul rapporto strettissimo di questi giovani squattrinati e solitari, la cui profonda esigenza sta nella compartecipazione, nel bisogno di sentirsi uniti e amati.
Il lavoro di Signorini si allarga alla ambientazione dell’opera, nella Parigi metà Ottocento, quella inconfondibile degli Impressionisti. “Mi sono ispirato a questa pittura in modo a volte maniacale – dice il regista – nella ricerca dei tessuti, dei colori, della luce”. Con la collaborazione di Leila Fteita (scene e costumi) ne è uscito uno spettacolo splendido, un “tableau vivant” di eleganza sopraffina. Taglio scenico suggestivo, concentrato in un primo piano al centro del palco del Gran Teatro all’aperto, dominato dal fondale dei tetti di Parigi. In più, in cielo, la luna piena.
Ma questo è stato un regalo optional del Buon Dio.
Altri due regali inaspettati nel cast: la voce ampia e morbidissima del tenore  Francesco Demuro, ideale Rodolfo, e la sorpresa di Lana Kos (Musetta) prelevata dal cast di “Turandot”, dove già si era fatta notare come Liù. Graziosa trentenne croata con voce di bellissimo timbro e di sicuro istinto musicale è riuscita, come qualche rara volta accade, a polarizzare la presenza femminile oscurando persino la protagonista (Elena Mosuc). Un’ottima prova hanno dato anche Mauro Bonfanti (Marcello), Alexandar Stamatovic (Colline), Daniele Caputo (Schaunard).

Replica: 3 agosto (con nuovo cast). Il ricchissimo cartellone pucciniano prosegue con “Manon Lescaut” (in forma di concerto), “Madama Butterfly”, “Il Trittico”.