MILANO, mercoledì 15 marzo ► (di Paolo A. Paganini) Ah, l’amour! Ma quale amore? E quanti ce ne sono, di amori? L’amore passionale, quello platonico, c’è l’amore deluso, l’amore smodato, l’amore struggente, l’amore malato, l’amore perduto, l’amore eterno, l’amore tradito, l’amore garbato, l’amore rabbioso, l’amore oltre la morte e gli amori finiti. E le pene d’amore dove le mettiamo? L’amore è declinabile in un’infinità di plurali. L’odio no, l’odio è sempre singolare. Con l’amore al plurale si va dagli amori agli amorazzi, dagli amori disperati agli amori garibaldini di Ippolito Nievo, dagli amori senza amore di Pirandello fino agli amori difficili di Italo Calvino (1923-1985).
Ecco, appunto: “Gli amori difficili”, scritti tra il 1949 e il 1967, quando ancora nell’aria c’era l’eco della canzone “Ma l’amore no” del 1943.
Si tratta di tredici brevi racconti (più due più lunghi, che, nella stessa pubblicazione, vanno sotto il titolo “La vita difficile).
Cinque degli “Amori difficili” sono ora in scena, all’Out Off (un’ora e venti senza intervallo), confezionati da Lorenzo Loris in un abile lavoro sartoriale di taglia e cuci.
Che lontananze abissali da quei “Tristi amori” (1887) di Giuseppe Giacosa, triangolato dramma borghese tra marito, moglie e amante della donna, con contorno di inganni, debiti, tradimenti e finale senza amore. E senza perdono.
Dietro a “Gli amori difficili” c’è invece l’ironica amarezza di Calvino, che descrive, con leggerezza ma puntigliosa psicologia, la fatica d’amare. Ne esce un campionario di storie minime, che hanno ormai un sapore d’antico, quando un treno, che so, da Milano a Roma, ci metteva una notte, e quando in tasca tutti, dico tutti, avevano un gettone del telefono, perché non si sa mai nella vita, e i cellulari non si sapeva nemmeno cosa volessero dire, salvo indicare i furgoni della polizia per il trasporto dei detenuti.
Ma l’amour, si sa, non conosce tempo. Attese, spasimi, ebbrezze, dolori e sospiri d’amore sono eterni. E di avventure d’amore tutti ne sappiamo, da Catullo a Boccaccio, fino ai giorni nostri.
Di questo si tratta con Calvino, di strane ed anomale avventure d’amore che hanno il sapore dell’attesa e della delusione.
Tutte cominciano emblematicamente con: “L’avventura di…”
Le cinque ora teatralizzate sono:
L’avventura... d’un amore ancora in boccio, d’un passeggero di maniacali abitudini di viaggio, che in treno, di notte, cerca uno scompartimento comune tutto da solo, per potersi mettere in pigiama e ciabatte, e sognare in pace la sua bella, che lo aspetta a Roma. E l’amore del passeggero è tutto lì, nel senso che gozzonianamente non ama che le rose che non colse. E, nel lungo viaggio verso il sud, ogni volta che si addormenta a spizzichi e bocconi, fa il sogno di una sempre nuova avventura d’amore.
È una bella pensata di Lorenzo Loris, per cucire così tutte le altre avventure…
L’avventura... d’un bandito in fuga, che ripara di notte da un’anziana prostituta, che, finito il turno di… lavoro, già se ne sta riposando a fianco del vecchio marito stolido catarroso e tollerante. Quand’ecco che irrompe il maresciallo in cerca del banditello. E, dato che la notte è lunga, tanto vale godere della vecchia prostituta. Ma c’è il bandito di mezzo, che invece ha tanta voglia di fumare…
L’avventura… d’una moglie che, assente il marito, scopre l’ebbrezza della vita notturna fuori casa, specie il mattino, quando, dimenticate le chiavi, finisce in un bar tra operai del primo turno, cacciatori e tiratardi. La scoperta della vita, fuori dalla monotonia domestica e dalle abitudini maritali, non è poi così male…
L’avventura… d’un turnista dagli orari sballati, che non riesce mai a trovare un momento d’intimità con la moglie, lei turnista dal mattino a sera, lui turnista dalla sera alla mattina. Un amore sospiroso e in bianco. Ma che tenerezza, quando ciascuno occupa nel letto il posto caldo dell’altro…
L’avventura... dell’amore astioso di un automobilista, tra accuse e incomprensioni reciproche con la propria fidanzata. All’inferno! Il mondo è pieno di donne. Eppure, no. Adesso c’è solo lei. M’ama, non m’ama? Torno, non torno? Non tornerà.
Fine.
Gigio Alberti è il mattatore di queste “avventure” tra il buffo, il comico, il grottesco, il farsesco, giocando con la propria ugola come uno strumento a più voci, dal falsetto al basso, al nasale. Si diverte e diverte, lasciando tutti di primo acchito un po’ sconcertati, prima di capire che lo spettacolo è tutto lì, nel senso che la vita, a ben guardare, è sì un’avventura, ma non è una cosa seria. E, tra una voce e una vocina, lui è il viaggiatore dalle abitudini maniacali; lui è lo stolido vecchietto catarroso marito della prostituta e, nel contempo, fuori da sotto le coperte, è il maresciallo; lui è il tiratardi del bar, lui infine è l’automobilista che troppo tardi s’accorge dell’amato bene perduto …
Ma anche i compagni di scena, Monica Bonomi (bella maschera ed estro d’attrice comica), Nicola Ciammarughi (interessante temperamento drammatico, il che non guasta) e Gemma Pedrini, giovane virtuosa del violoncello, già professionista di lungo corso e dai tanti riconoscimenti artistici (qui con l’archetto sottolinea o introduce i vari passaggi drammaturgici): tutti si ricavano congrui spazi di gratificanti soddisfazioni recitative nei vari ruoli.
Applausi generosi e divertiti alla fine per tutti. Si replica fino al 9 aprile, e poi dal 18 al 30.
Teatro Out Off, via Mac Mahon 16, Milano
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www.teatrooutoff.it