MILANO, giovedì 29 aprile ► (di Andrea Bisicchia) – Oggi, alle ore 14, nel cortile del Piccolo Teatro Grassi, di via Rovello, sarà dedicato un saluto-ricordo a Maria Grazia Gregori, recentemente scomparsa all’età di 78 anni.
Direzione, Redazione e Collaboratori dello “Spettacoliere” si associano al ricordo e al cordoglio di tanti amici, segnalando peraltro, nel doloroso momento, la preziosa pubblicazione di un suo libro, tra i tanti, cioè “Il Signore della scena”, scritto nel 1978 per l’editore Feltrinelli, convinti che una seconda lettura abbia una sua motivata base metodologica, perché permette di accostarsi al testo con una diversa riflessione.
Il volume ebbe, allora, un valore didattico (Maria Grazia teneva un corso di regia alla Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano). Conteneva una attenta bibliografia sull’argomento, oltre che una serie di documentazioni di registi e di critici, come Roberto De Monticelli, Franco Quadri, Bernard Dort e, ancora, una serie di interviste con Strehler, Brook, Ronconi, Stein, Chéreau, Eduardo, Bene, Shall, Barba.
Quello che, allora, si presentava come un mezzo didattico, oggi lo si può annoverare tra i documenti indispensabili per capire l’epoca che va da 1948 al 1978, da considerare l’epoca d’oro del teatro italiano e internazionale.
Maria Grazia non ha mai nascosto le sue predilezioni per il teatro di regia, proprio quello che, in Italia, arriva a ridosso degli anni Cinquanta e che, già, in Europa vantava i nomi di Stanislavkij, Antoine, Appia, Craig, Tairov, Mejerckol’d, Reinhardt, Copeau, Dullin, Piscator, Brecht che, in fondo, si erano date delle direttive sul rapporto attore-regista, riprese dalla generazione post-bellica. La Gregori ne traccia il pensiero, la diversità, partendo, addirittura, dai Mehiningen e da Chronegk che, a loro modo, avevano posto le basi di un nuovo modo di pensare lo spettacolo, fin troppo estremo, per quei tempi, visto che lo stesso Stanislanskij ne sottolineò alcuni aspetti negativi, accusando Chronegk di essere un regista dispotico e di utilizzare gli attori “al pari dei mobili o degli accessori teatrali”.
Per Maria Grazia, sia l’attore che il regista avevano un proprio posto, benché fosse convinta che, per entrambi, fosse necessario rivelare il pensiero dell’autore, dopo averlo studiato in profondità e dopo aver scoperto quello che lui stesso non aveva immaginato. Sia il regista che l’attore dovevano essere dei creatori, capaci di scoprire l’immaginario dello scrittore, catturando lo spirito nascosto del testo. Quando alla “regia storica”, che aveva segnato una vera e propria “mappa stradale”, subentrerà quella del dopoguerra, che ebbe i suoi inizi con Visconti e Strehler, i giochi erano fatti, ovvero anche il teatro italiano poteva inserirsi nella grande stagione di quello europeo.
La Gregori non dimentica di raccontarci i contrasti che ne seguiranno, come la presa di posizione di Gassman, il quale riteneva che la colpa dei registi non fosse solo morale, ma anche professionale, o come quella di Eduardo che invocava la presenza dell’attore-artista, o di Carmelo Bene che si riteneva il solo sacerdote, costruendo la propria immagine sulla provocazione. Poi arrivò Ronconi a cui non interessavano queste beghe, dato che, per lui, erano più importanti la struttura e i meccanismi della scena.
Nell’epoca della confusione che il teatro italiano oggi sta attraversando, leggere il libro della Gregori, per tanti giovani registi-attori, potrebbe essere un incentivo per trovare un vero e proprio vademecum, e per ricordare degnamente l’appassionata e illuminante opera di Maria Grazia Gregori nel campo della critica.
Maria Grazia Gregori: regista e attore devono essere dei creatori, capaci di scoprire l’immaginario di uno scrittore
29 Aprile 2021 by