Mario De Biasi. Nella “sua” Milano, in edizione straordinaria, cento scatti iconici dell’uomo “che poteva fotografare tutto”

MILANO, mercoledì 15 novembre(di Patrizia Pedrazzini) Per Enzo Biagi, che fu suo direttore a “Epoca”, era “l’uomo che poteva fotografare tutto”. Di se stesso, accanto a uno scatto che lo ritrae, a Norimberga nel ’45, giovane, l’impermeabile ben abbottonato, i capelli arruffati, lo sguardo fisso alla macchina fotografica che tiene in mano (con tutta probabilità una Leica), aveva annotato: “Il mio sogno è qui”.
Bellunese (dell’abitato di Sois), Mario De Biasi era nato nel 1923. È morto dieci anni fa a Milano, la città nella quale, ancora quindicenne, aveva deciso di vivere, che aveva amato, e nella quale, quel sogno, era riuscito a realizzare
Così ora il Museo Diocesano della “sua” Milano gli rende omaggio dedicandogli, fino al prossimo 18 febbraio, una “Edizione straordinaria”: cento tra fotografie iconiche, provini e scatti inediti, dedicati in massima parte al capoluogo lombardo, sua città d’adozione. E incentrati soprattutto sui decenni Cinquanta e Sessanta. Che è poi come dire su una Milano (e su un mondo) che non c’è più. Ma proprio più. Sparita, dissolta in quella sorta di limbo lontano che oggi fa tanto “vintage”. Come le chiatte sui Navigli, la nebbia in piazza del Duomo, la modestia delle ragazze. I pendolari sul ponte della stazione di Porta Romana, i gasometri della Bovisa, i neonati nel cortile della Mangiagalli. Come quella locomotiva a vapore che – era il 1951 – esce sbuffando in pieno corso Vercelli: il “Gamba de legn”, come lo chiamavano affettuosamente i milanesi, che dal centro portava a Magenta. O come quella coppia che, in abiti semplici ma dignitosi, si affaccia a guardar giù dalle guglie del Duomo, non prima che la donna si sia tolta le scarpe e le abbia poste, ordinatamente appaiate, accanto a lei.
Così spesso con De Biasi Milano si trasforma in una sorta di set cinematografico, sfondo ideale per raccontare, attraverso l’obbiettivo, storie di gente comune. Immortalate con occhio curioso e attento ai dettagli, ma anche con una sorta di profonda pazienza che riesce, come per incanto, a trattenere la frenesia della metropoli, permettendo al visitatore di assaporarne l’ormai antica, profonda, autentica bellezza. E, insieme, a testimoniare i profondi cambiamenti, storici e culturali, che in quei due ormai lontani decenni rinnovarono l’identità del Paese.
Dopodiché, nel percorso espositivo non poteva certo mancare uno degli scatti più conosciuti di De Biasi, “Gli italiani si voltano”, realizzato nel ’54 per il settimanale “Bolero Film”: un gruppo di uomini osserva e segue, con manifesta ammirazione, Moira Orfei che, di spalle, fasciata in un vestito bianco, passeggia in piazza del Duomo. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo, qui presentata a fianco dei provini, tuttora inediti, del servizio.
La mostra si chiude con la sezione “Da Milano alla Luna”, che include fotografie realizzate da De Biasi nei suoi viaggi extraeuropei. Dalla rivolta di Budapest all’Africa, alla Siberia, al Giappone, a New York. Fino all’allunaggio, nel 1969, dell’Apollo 11.
Le fotografie in mostra provengono dall’Archivio Mondadori e dall’Archivio De Biasi.
“Mario De Biasi e Milano. Edizione straordinaria”. Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini, piazza Sant’Eustorgio 3. Fino al 18 febbraio 2024

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