(di Andrea Bisicchia) – Applicando una metodologia comparativa, la stessa che utilizzava durante gli anni di insegnamento alla Statale di Milano, Maurizio Porro ci delizia raccontandoci cinquant’anni di cinema e di teatro di cui, oltre che critico, è stato testimone, assistendo a film e spettacoli che ormai fanno parte della storia di due discipline diverse, ma contigue.
L’ultima sua pubblicazione, “Io li conoscevo bene”, edito dalla Nave di Teseo, la si può leggere come un libro di storiografia, senza note a piè di pagina, o come un romanzo che ha per protagonista un militante passionario, che va incontro a un mondo di emozioni diversificate, che in fondo sono le emozioni della nostra vita, le stesse che scorrono sulle “pagine” di un film o di uno spettacolo teatrale.
Parafrasando Wittgenstein, per il quale il mondo è tutto ciò che accade, possiamo dire che il mondo è tutto ciò che ci emoziona. Maurizio Porro rivendica il potere dell’emozione, anzi è convinto che un film o uno spettacolo possano non solo emozionarci, ma anche commuoverci. Egli ha amato molti film e molti spettacoli teatrali allo stesso modo con cui si possa amare una persona. A lui è accaduto, come a molti di noi, di piangere, dopo aver visto la prima versione milanese dei “Giganti della montagna”, e “Il giardino dei ciliegi”, con le regie di Strehler, o dopo aver visto “8%” di Fellini, registi ben “conosciuti” da Maurizio, perché col primo ci ha lavorato, mentre il secondo è stato ospite a pranzo, oltre che nella sua 500, dove Federico faticava ad entrare.
E che dire di Visconti, di Antonioni, di Bertolucci, veri grandi costruttori di emozioni, convinti che le emozioni contengano una intelligenza particolare che orienta la nostra visione degli spettacoli, proprio come la vita, perché ci coinvolgono, ci esortano a giudicare, dato che germogliano, dentro di noi, dapprima in forme irrazionali che durante la notte vanno controllate, per poterne, dopo, scrivere più lucidamente, quando si è chiamati ad esprimere un giudizio, specie se si è il critico del Corriere della Sera.
A dire il vero, Porro quelle emozioni le aveva provate durante l’adolescenza, quando, magari con la complicità paterna, assisteva a film vietati ai 18 anni, mentre lui ne aveva 16.
Per Maurizio, il cinema e il teatro dei grandi maestri, gli stessi che oggi si vogliono dimenticare perché è impossibile arrivare alla loro altezza, hanno dato vita a dei capolavori che hanno permesso la creazione di una nuova religiosità, tutta laica, anche quando con Testori si rivestiva di un cristianesimo fremente e conflittuale, come nel caso di “Rocco e i suoi fratelli”, nel momento in cui Nadia, come un Cristo crocifisso, offre il suo corpo alle pugnalate di Simone. Facendo riferimento a questo film, Maurizio inventa una sintesi concettuale molto precisa, contrapponendo la fede religiosa di Testori alla fede nel cinema di Visconti.
Grazie al suo modo di raccontare, Maurizio ci ha dato tanta materia nella quale, molti di noi possono rispecchiarsi, anche perché è riuscito ad offrirci una storia del cinema e del teatro senza gli strumenti tipici della storiografia accademica, che l’ avrebbero appesantita mentre, al contrario, il lettore non solo si emoziona, ma anche si diverte, assistendo a una vera e propria passerella, tipo quella di 8%, dove vede passare Wanda Osiris, Luchino Visconti, la “sorella” Maria Angela Melato, l’accigliato ma bello Marcello Mastroianni, la “divertente” Monica Vitti, l’intellettuale Michelangelo Antonioni, la cui “Eclisse” può essere considerata un “Trattato sui sentimenti”, “Il Gattopardo”, che non piacque soltanto al “comunista” Guido Aristarco, “Il posto delle fragole”, di Bergman, il regista con cui era “un piacere soffrire” e perché si viveva “l’esplosione del cinema dentro il sistema drammaturgico del teatro”, “2001 Odissea nello spazio” di Kubrick, visto al Cinema Alcione, che era anche un teatro di varietà meno noto dello Smeraldo. Ma come dimenticare i film di Sordi che portavano in scena i ritratti dell’italiano medio, o quelli di Bertolucci più impegnati politicamente.
Maurizio ricorda come il tragitto che dal Piccolo Teatro portava a Corso Vittorio Emanuele o via Manzoni, negli anni Sessanta-Settanta, era diventato quello della Broadway milanese, quando al cinema si andava con l’abito da sera nell’ultimo spettacolo.
Sulla sua passerella sono passati molti altri, li troverete nella seconda parte del volume, nell’“Elenco degli Ospiti”, curato attentamente dallo stesso Maurizio, che non dimentica di citare anche l’elenco dei cinema da lui frequentati.
Maurizio Porro, “IO LI CONOSCEVO BENE”, Ed. La Nave di Teseo 2023, pp. 332, € 22