MILANO, giovedì 30 ottobre
(di Paolo A. Paganini) Sembra che, storicamente, un certo Faust sia nato nel 1480, nel Württemberg. Avrebbe studiato a Cracovia, divenendo subito celebre per le sue spacconate e bollato con definizioni di questo tipo: “turpissima bestia et cloaca multorum diabolorum” (Melantone). Ma, a parte un plausibile disprezzo di parte (accademica), la sua fama di astrologo, mago, negromante, chiromante e perfino esperto in “hydra arte” (pronostico dall’esame delle urine), ebbe larghissima diffusione. Divenne leggenda. Tanto che nel 1587 lo stampatore Johann Spiess di Francoforte pubblicò un libretto dal titolo “Istoria del dr. Johann Faust, il molto famigerato mago e negromante (che) impegnò a fissa scadenza l’anima col Diavolo (…) finché ricevette il ben meritato guiderdone”.
Fu la consacrazione ufficiale del personaggio letterario, punto di partenza di tutti gli ulteriori sviluppi e trattazioni, tra fantastico e grottesco, tra favola e leggenda, tra palcoscenico (e – perfino – teatro delle marionette), dentro e fuori della Germania: da Widmann (1599) a Pfizer (1674), dal celeberrimo poema drammatico di Goethe d’inizio Ottocento (definito “creazione dantesca … intorno al tremendo mistero della vita” – De Sanctis) alla creazione di Christopher Marlowe (“La tragica storia del dottor Faust”, 1604 e successive edizioni) che descrisse le straordinarie imprese di Faust, divenuto, in virtù del demonio, l’uomo più celebre e potente del mondo, fra bizze e bravate, come, per esempio, facendosi beffe a Roma di Papa e Cardinali. Fra tante altre follie e impunite offese alla morale e alla dignità, vedrà esauditi piaceri godimenti e capricci d’ogni genere, riuscendo perfino a contemplare la muliebre bellezza, la bellezza assoluta, nell’incontro con Elena. Nessuno può ucciderlo. Per ventiquattro anni Faust è immortale. Finché non arriverà l’ora temuta, l’ora della dannazione, ch’egli vorrebbe fermare. Invano.
Abbiamo spiegato in piccola e limitata parte (senza eccessivi rispetti cronologici) alcune opere faustiane e, più in particolare, il dramma in versi e in prosa di Marlowe, perché da qui ha inizio (espressione da prendersi con cautela) l’atto unico “Faust Marlowe Burlesque” (un’ora e dieci), in scena al Teatro Elfo/Puccini di Milano.
Di Faust abbiamo detto. A Marlowe abbiamo accennato. Rimane da dire del Burlesque: genere di spettacolo satirico, nato in Inghilterra nel Settecento, ma acquisendo nell’Ottocento caratteristiche più comiche e parodistiche. Di trasformazione in trasformazione, il Burlesque si arricchì nel Novecento di numeri canzonettari di tipo variettistico e danze più o meno “svestite”, fino ad arrivare ai veri e propri spogliarelli. Facciamo un bel cocktail di tutto questo, Faust + Marlowe + Burlesque, e avremo – quasi – tutti gli ingredienti di questa miscellanea in scena al Puccini (Sala Bausch).
Rimane da assegnare la paternità storica dello spettacolo, rappresentato una sola volta nel 1976, nella messinscena di Aldo Trionfo e Lorenzo Salveti, con l’interpretazione di Carmelo Bene e Franco Branciaroli, due facce di un’unica sostanza nefistofelica.
Qui ora le due facce della stessa sostanza sono interpretate da Massimo Di Michele (anche regia) e Federica Rosellini, uomo e donna, che dicotomizzano la natura infernale dei personaggi marlowiani in più parti, con cambi d’abito a vista nello spazio scenico vuoto, raccolti a bordo campo tra scarpe calzoncini guepières abiti lunghi da donna eccetera. Tra musiche di epiche celebrazioni si svolge dunque il fatale incontro tra Faust e Mefistofele, il quale, interpretato da una scatenata Rosellini, diventa il centro motore di tutta la piacevole ed apprezzata operazione (più divertissement che opera di memorabile drammaturgia), vissuta dai due protagonisti in un esasperato espressionismo molto prossimo alla pantomima e alla performance atletica, eppure rapinosamente affascinante sul piano formale, limitandosi, sul piano letterario, ad alcuni aforismi e a qualche stralcio di dialogo sufficiente a capire di che si tratta. Ma il tutto diventa una bella gara di bravura tra un intenso e convinto Massimo Di Michele e la Rosellini, con qualche esplicita tentazione al Kabarett.
Meritatamente applauditi alla fine attori e tecnici. Si replica fino a domenica 9 novembre.