MILANO, 2 febbraio ●
(di Carla Maria Casanova) Alla Scala, alla prima de “L’incoronazione di Poppea”, pubblico a ranghi ridotti. Forse perché era domenica? La stagione non comporta ancora il week end in Riviera… Non importa. Pochi ma buoni. Tutti in religioso silenzio (magari qualche pisolino…) e alla fine molti applausi convinti. Lo spettacolo dura 3 ore e 10 minuti: atto primo 90’, intervallo 30’, atto secondo 70’. Niente di esagerato.
C’è che lo spettacolo, in chiave rigorosamente intellettuale, è immobile. Concilia il riposo. Bene, però…
La vicenda è nota: Poppea, donna scostumata e ambiziosissima, seduce Nerone, lo obbliga a ripudiare la moglie Ottavia (vecchia storia) e a farsi incoronare imperatrice (variante non comune), dopo aver suggerito (pare sia stata lei) l’ordine di suicidio a Seneca e di esilio a Ottone. In verità, Poppea morirà incinta per un calcio al ventre sferratole da Nerone (dopo tutto, se l’era cercato). L’opera si ferma alla gloria, con i due (Nerone e Poppea) sul trono, come dice il titolo.
Si tratta del capolavoro della trilogia – “Orfeo”, “Il ritorno di Ulisse in patria”, “L’incoronazione” – di Claudio Monteverdi (1643). Dei manoscritti originali delle due versioni de “L’Incoronazione”, di Venezia e di Napoli, non rimaneva abbastanza per ricostruire l’opera completa, ma i musicologi (qui l’eccelso Rinaldo Alessandrini), aiutati dai contemporanei monteverdiani Cavalli, Sacrati, Manelli & Co, sono riusciti a comporne una di accettabile “autenticità”: organico orchestrale minimo, artisti vocali specialisti del canto declamato. In scena, pochi gesti coreografici “barocchi”, e barocchi costumi e trucchi.
L’attuale allestimento scaligero, prodotto in collaborazione con l’Opéra di Parigi, è affidato a Bob Wilson come già avvenuto nel 2009 e 2011 per le prime due opere. Wilson, coreografo e regista texano, è “quello delle luci”, definizione con la quale lui stesso tiene a presentarsi. Luci magiche, per la precisione. Basterebbe ricordare la fantasmagorica sua creazione “I La Galigo”, basata su un testo sacro indonesiano. Nell’“Incoronazione” la magia è di portata più modesta. Luci azzurre, raffinate, eleganti ma senza rivelazioni. L’astrazione metafisica della scena (qualche colonna, qualche alberello) non concede nessun appiglio. Se chiudi gli occhi e li riapri dopo dieci minuti, sei sempre allo stesso punto. Il che aiuta a non perdere il filo. Ancora bene. Ancora però…
C’è comunque, in quest’opera, un elemento sublime: il libretto di Giovan Battista Busenello. Vale la pena leggerne ogni riga, gustarne ogni parola. Poesia leggera ed equilibrata ma anche di immediatezza e grandissima tensione, riscontrabili forse solo in Shakespeare.
Agli interpreti scaligeri il merito di scandirne ogni sillaba con avvincente chiarezza. I principali sono Miah Persson, Monica Bacelli, Sara Mingardo, Leonardo Cortellazzi, Andrea Concetti, Silvia Frigato.
Rinaldo Alessandrini ha curato la rarefatta esecuzione musicale a capo del suo complesso Concerto Italiano (14 strumenti antichi), dall’alto della sua esperienza di specialista del repertorio barocco.
“L’Incoronazione di Poppea”, di Claudio Monteverdi. Direttore Rinaldo Alessandrini. Regia di Robert Wilson – Teatro Alla Scala, Milano – Repliche 4, 7, 10, 13, 17, 20, 27 febbraio.
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