Morin, un secolo di ricordi: dalla Resistenza alla letteratura, al teatro. E gli “incontri” con i grandi: Duras, Kundera, Lacan

(di Andrea Bisicchia) Ha attraversato un secolo, Edgar Morin (1921), considerato uno dei punti di riferimento della cultura internazionale, di cui ci siamo occupati, più volte, sulle pagine di questo giornale. La nuova occasione ci viene offerta dalla pubblicazione dell’Editore Cortina di “I ricordi mi vengono incontro”, che non intende essere una biografia di tipo tradizionale, in forma cronologica, bensì la vita di un uomo e dei suoi incontri familiari, sociali, artistici, politici, culturali. Come non ricordare Giuseppe Ungaretti, che intitolò la sua raccolta di poesie “Vita di un uomo”, ovvero una biografia raccontata in versi?
Gli “incontri” di Morin riguardano i luoghi della guerra, della Resistenza, quelli frequentati da personalità come Jean-Pierre Vernant, Marguerite Duras, Milan Kundera, Jacques Lacan, solo per citare i più noti, sono incontri anche di memoria, tra i quali, non possono mancare quelli riguardanti il Maggio ’68, a cui ha dedicato un volume, e quelli attinenti al suo modo di accedere alle Arti, alla musica, alla letteratura, al teatro, che iniziò a frequentare prima della Seconda guerra mondiale e di cui ricorda alcuni spettacoli esemplari, “Il gabbiano” di Cecov, con Georges e Ludmilla Pitoëff, “Le terre est ronde” di Armand Salacrou, “La scarpina di raso” di Claudel, “Le mosche” di Sartre, “Ondine” di Giraudoux, “Antigone” di Anouilh.
In questo suo girovagare, Morin dedica ampio spazio alle città italiane dove spesso è stato invitato per delle lezioni magistrali o per la presentazione dei suoi libri, sia al Piccolo Teatro sia al Franco Parenti, dove ho avuto il piacere di conoscerlo. Dedica molte pagine a Milano, Parma, Mantova, Siena, Napoli, Spoleto, Roma, dove era stato invitato da Ignazio Silone e dove con Nicola Chiaromonte fondò la rivista “Tempo presente”.
Gli incontri con la politica avvengono durante la guerra di Spagna (1936) che, giovanissimo, ritenne conseguenza della crisi economica del’29 che, a suo avviso, fu anche una crisi di democrazia, tale da accelerare l’ascesa dei totalitarismi di Hitler e Stalin.
Il volume inizia con il suo primo incontro con la morte, essendo nato nel momento in cui imperversava l’influenza spagnola, antesignana del Covid 19, che causò milioni di morti e che colpì anche la sua mamma, causandole una lesione cardiaca, se ne ricordò parecchi anni dopo, quando lesse per la prima volta “L’Edipo” di Sofocle, dove protagonista è proprio la peste. La morte accompagnò i suoi anni durante la Resistenza a Lione e, proprio alla morte, dedicò un suo libro, “L’uomo e la morte nella storia”. Gli argomenti trattati nel volume sono tantissimi. Li troviamo raccolti in 46 brevi capitoli che condensano cent’anni di eventi mirabolanti, durante i quali Morin non si è mai fermato un attimo, perché lo vediamo a New York, “la città mostro, la città non eterna”, in Argentina, in Brasile, in Bolivia, in Venezuela, in Ecuador, in Russia, a Cuba, a ciascuna delle quali ha dedicato sue riflessioni.
Il volume contiene anche degli allegati, come “Il discorso in occasione del ricevimento del premio internazionale” a Calcutta (1994), dove sostiene come il Mediterraneo fosse diventato una sua seconda patria e dove racconta della sua esperienza marrana, ritenendo il marranesimo l’incontro di due religioni antagoniste, quella ebrea e quella cristiana, e, ancora, “Per un palazzo del surrealismo”,  già apparso su Le Monde (2003), nel quale auspicava la creazione di una sede degna di raccogliere tutte le opere surrealiste, dopo che erano stati venduti all’asta gli archivi e i beni appartenuti ad André Breton. Edgar Morin, “il filosofo della complessità”, si mostra, attraverso gli incontri e i ricordi, il filosofo della quotidianità.

Edgar Morin, “I ricordi mi vengono incontro” – Cortina Editore 2020 – pp. 700 – € 34.