Mozart, Da Ponte, Casanova: tre vite avventurose. Scritte da un “inviato” nella Storia. Da leggersi come un romanzo

collage ferrari(di Paolo A. Paganini) Gli esteti della forma sanno essere talvolta perfidamente noiosi. Gli arzigogolatori del bello scrivere, petulanti critici della forma letteraria, sono capaci di costruire i più audaci teoremi partendo dal soffio d’una virgola. Sanno creare ingegnosi strumenti di tormenti grammaticali, con raffinate, infallibili tecniche nello stabilire (decretare) se uno scrittore è ricco d’idee originali, di voli svettanti alti nei cieli della creatività. Essi, dall’alto dello scranno giudicante, proclamano: guardate sempre le metafore, esse sono il segnalibro della genialità. Guardate come vengono usate. Le metafore parlano chiaro. Senz’ombra d’errore, rivelano se chi le usa sia un modesto facitore d’immagini, un onesto lavoratore della penna, un sobrio centellinatore di effetti, o uno smargiasso esibizionista di vacui e ridondanti mezzucci espressivi.
Il discorso è ben più complesso.
Prendiamo per esempio “La sera della prima – Mozart, Da Ponte, Casanova e la nascita di Don Giovanni”.
È l’ultima fatica letteraria di Giorgio Ferrari, giornalista, inviato speciale e editorialista di “Avvenire”. Lo ebbi collega – e amico – ai tempi gloriosi de “La Notte”. Sempre mi procurò rabbiosi, incontenibili insulti epatici per l’invidia che mi scatenava. Sapeva scrivere in mezz’ora – e senza un solo errore – articoli che altri impiegavano almeno il triplo. Questa straordinaria abilità ancor più la raffinò e la prosciugò nel tempo, arricchendola di copiosi frutti delle sue esperienze professionali ed umane. Ma niente metafore. Le metafore non c’entrano con Giorgio Ferrari. Per il semplice motivo che le ha sostituite con uno strumento espressivo di rara e talvolta temeraria potenza: l’arte dei collegamenti. Tracimanti, invasivi, debordanti, e tutti pertinenti, in perfetto equilibrio e in armonia col testo in questione. Egli segue il filo d’un ragionamento, d’una descrizione, d’una spiegazione, e subito ti sventaglia mille spiazzanti vie di fuga, collegando cronaca, aneddotica, storia, costume e saporite annotazioni di colore. Fumose divagazioni? Macché. La connessione all’argomento principe non viene mai abbandonata. E, in fondo alla pagina, a lettura fatta, ti accorgi di avere acquisito una gaudiosa remunerazione di impensabili conoscenze, di arricchenti informazioni.
Il dramma giocoso in due atti dal titolo “Il dissoluto punito o sia il Don Giovanni”, libretto di Da Ponte, è il centro focale di questa “Sera della prima” di Giorgio Ferrari. Si degusta leggendolo con avida beva, come un romanzo d’avventure. Avventure dello spirito, dell’arte, della musica. Il momento ispiratore è quel Don Giovanni, rappresentato il 29 ottobre del 1787 a Praga, città generosa d’affetti, d’onori e soddisfazioni per Mozart, quando invece l’adorata Vienna non aveva mai smaniato per la sua musica “che poco aveva a che fare con la musica d’intrattenimento che tanto piaceva ai viennesi“. Eppure, come un amante tradito, ma sempre innamorato, “pur godendo qui di tutte le cortesie e di tutti gli onori e pur essendo Praga in realtà un luogo molto bello e piacevole, non vedo l’ora di tornare a Vienna” (Mozart).
E intanto, in attesa dello straordinario, strepitoso “Don Giovanni”, Mozart proponeva a Praga un altro suo prodigio musicale, l’altra rivoluzionaria opera, sempre col libretto di Da Ponte, “Le nozze di Figaro”, “un gigantesco cantiere di novità, un arsenale di modernità“, che i viennesi non seppero apprezzare.
Di collegamento in collegamento, le sorprese sono infinite. Storia su storia, vicenda su vicenda, ne scaturisce, per esempio, uno dei più bei medaglioni biografici di Mozart, restituendo, con appassionata descrizione, “traboccante di un’affranta tenerezza“, una toccante conoscenza artistica ed umana del genio di Salisburgo, facendo giustizia, nel contempo, della fasulla aneddotica di tanti spicciativi biografi, di presuntuosi gazzettieri, “come certa vulgata tendeva e tende tuttora farci credere” (cioè un Mozart volgare, irridente giocherellone, fatuo e libertino, come l’avrebbe visto Antonio Salieri, secondo le distorte e favolistiche licenze poetiche del film “Amadeus”, che Milos Forman trasse da una pièce di Peter Shaffer).
È pur vero che Mozart non era, come si suol dire, un perfetto uomo d’ordine, “come sempre, vive e crea senza metodo, né ordine“, ma è da questa mancanza di metodo che si innestano i gangli inquieti del “Don Giovanni”, grazie anche al singolare e simbiotico rapporto con il librettista Da Ponte. E, ancora una volta, si aprono squarci conoscitivi di rapinose pagine d’ambienti e personaggi. Come la bella descrizione di Praga, “città di sfavillanti colori pastello… città femmina, seduttiva e perversa… gaia cortigiana, splendido salotto mondano, punto cardinale di triangoli infernali, buia roccaforte di misteri…”.
Ed è da qui “che dobbiamo prendere le mosse e seguire le tracce di tutti e tre…”
Tutti e tre?…
Già, perché nella nostra storia, a Mozart e al librettista Da Ponte, si aggiunge anche un terzo protagonista, Giacomo Casanova, ad intrecciare fascinosi canovacci d’arte, umane follie, sofferte passioni. Un bel terzetto: il musicista, il librettista e il libertino erudito! Tutti e tre restituiti, al di là del genio e dell’arte, alla loro più intima umanità. Tutti e tre in eterna lotta per la sopravvivenza. Non solo artistica, anche quella prosaica di sbarcare il lunario, frequentando e dilettando l’aristocrazia per cavarne “compensi, ducati, fiorini, nuove committenze… (anche se) non ne fanno e non ne faranno mai parte… anzi se tutti e tre stilassero un bilancio della propria vita finirebbero per ammettere che si contano più le umiliazioni che i riconoscimenti… l’ostilità e il disprezzo della classe nobiliare. Era questa la regola per l’avventuriero, per il teatrante, per il musicista…”
E i superbi collegamenti in pagine di magistrale fascinazione continuano. Si veda la descrizione del democratico “Re sparagnino”, Giuseppe II, rispettato ma non amato né dalla nobiltà né dagli stessi viennesi, eppure munifico e illuminato sovrano.
Oppure, più avanti, la descrizione dell'”abate” Da Ponte, libertino e ribaldo fornicatore, dominato “da due concomitanti passioni, la poesia e la femmina“. Il patrizio Zaguri, suo vecchio protettore, così lo dipingerà: “Uno strano uomo: noto per esser canaglia di mediocre spirito con grandi talenti per esser letterato e fisiche attrattive per essere amato“.
O, ancora, come verrà descritta “la vita avventurosa, dissoluta, amara, gaia, sfavillante di conquiste femminili, ricolma di onori e mezzi onori, come di cadute rovinose, di fughe precipitose e di esaltanti ritorni… di quel ghiotto delibatore di tutte le dolcezze dell’alcova…” cioè Giacomo Casanova…
A proposito, cosa ci faceva Giacomo Casanova a Praga nei giorni fatidici del “Don Giovanni”?
Beh, questo lo lasciamo alla curiosità dei lettori, per i quali va fatta un’ultima doverosa annotazione, che quasi dimenticavamo. Giorgio Ferrari è anche un musicologo, un raffinato, appassionato poeta della musica. E anche questo lo lasciamo alla curiosità degli intenditori. Che avranno di che godere.

“La sera della prima – Mozart, Da Ponte, Casanova e la nascita di Don Giovanni”, di Giorgio Ferrari. Ed. La Vita Felice, 2016 – pp 200 – Euro 14.50