Nel martirio di S. Gennaro il simbolo e il dolore d’un popolo martoriato da secoli di soprusi, dai normanni alla camorra

8.4.16 collage savianoMILANO, venerdì 8 aprile ► (di Andrea Bisicchia) Lo spazio scenico, disegnato da Luigi Ferrigno, allude a un tempio pagano, con sopra “cocci aguzzi di bottiglia”, che diventerà cristiano grazie al martirio di San Gennaro, decapitato a 33 anni come Cristo; è attorniato da ampolle che racchiudono lampade anziché ex voto, da colonne doriche amputate che rimandano a miti apografi, una di queste diventerà luogo del supplizio, ma anche altare, dinanzi al quale si fanno notare una mitra rossa e un bastone pastorale, ai lati si trovano gli strumenti elettronici che vengono suonati dal duo Gianluca Catuogno e Antonio Della Ragione che commentano sia le narrazioni di Roberto Saviano sia la recitazione carnale di Mimmo Borrelli.
I due non si incontrano mai sulla scena, se non in quella in cui viene drammatizzata la storia di Domenico Cirillo (1739-1799) uno dei promotori della Repubblica Napoletana del 1799 insieme a Mario Pagano e Gaetano Filangeri.
Lo spettacolo cattura per l’abilità di Saviano nel narrare la storia di un popolo martoriato nei secoli che ha subìto dominazioni di tutti i tipi, dai Bizantini ai Normanni, dagli Svevi agli Angioini, dagli Spagnoli ai Francesi, fino alla Camorra. La storia di San Gennaro mi ricorda quella del “Sindaco del Rione Sanità” di Eduardo, al quale si rivolgevano i diseredati, i bisognosi di giustizia, insomma quella Napoli sofferente che ha fatto del dolore la sua storia, oltre che la sua ansia di riscatto.
Lo spettacolo è diviso in sei scene, ovvero in sei “Atti di sangue”, perché è il sangue a essere il vero  protagonista, quello dei martiri, quello dei morti sotto il Vesuvio o sotto la scure della Rivoluzione, o ancora sotto i bombardamenti degli Americani e dei Tedeschi e, infine, delle revolverate della Camorra, ma è anche il sangue di San Gennaro che si coagula e si scioglie a seconda delle circostanze e che diventa Sanghenapule.
Di terra e di sangue sa anche la lingua di Borrelli che alterna il sacro col profano, che si caratterizza per un mistilinguismo volutamente “plebeo”, al contrario di quello di Testori che era volutamente colto. Questa lingua, utilizzata con la forza del cantastorie, se non del puparo, aspira alla sonorità piuttosto che al significato immediato. Se lo spettatore non sempre la comprende, si lascia trasportare dal ritmo e dal suono  lasciando il resto al narratore Saviano che fa buon uso della tecnica del “teatro dell’oralità”, per raccontare la storia del Santo, facendola coincidere con quella di Napoli.
Successo strepitoso.

“SANGHENAPULE – Vita straordinaria di San Gennaro”, raccontata da Roberto Saviano e Mimmo Borrelli – Testo e drammaturgia Roberto Saviano e Mimmo Borrelli – Regia Mimmo Borrelli – Musiche composte ed eseguite dal vivo da Antonio Della Ragione e Gianluca Catuogno – Al Piccolo Teatro Grassi (Largo Greppi, Milano) – Repliche fino a domenica 17 aprile.
Informazioni e prenotazioni 848800304 
www.piccoloteatro.org