Oggi i nuovi dei, i magnati, non sono più assetati di sacrifici, ma di ricchezze. E l’economia è diventata teologia

fusaro,collageMARTEDI 2 settembre
(di Andrea Bisicchia) In un recente libro, Emanuele Severino ha proposto una sua teoria sulla fine del capitalismo, sostenendo come l’agire economico fosse stato sostituito dall’agire tecnico-scientifico e che il capitalismo, per sopravvivere al suo declino, abbia avuto bisogno del potere della tecnica che, avendo sostituito le forze della tradizione, come totalitarismo, etica, democrazia, religione, si è imposta come il nuovo “Apparato Supremo”. Diego Fusaro, filosofo della storia presso l’Università San Raffaele, ritorna sull’argomento con “Minima Mercatalia. Filosofia e capitalismo”, edito da Bompiani, parafrasando il noto testo di Adorno: ”Minima moralia” (Einaudi 1954), benché, del filosofo tedesco, non nasconda di preferire alcune indicazioni di “Dialettica negativa” (1970).
Fusaro attraversa la storia delle teorie economiche trattate dai filosofi, da Aristotele (Etica Nicomachea) a Preve (Storia dell’etica). Il volume è preceduto dal saggio di un altro filosofo, Andrea Tagliapietra dal titolo: “Metafisica e apocalittica del denaro”, dove, partendo dal mito di Erittonio, inventore del denaro e del suo uso, arriva fini all’euro, ovvero all’era del capitalismo totalitario. Così, come una volta le divinità erano assetate di sacrifici, oggi, le divinità del Capitale, i grandi magnati della finanza, sono assetate del denaro, tanto che hanno trasformato, come sostiene, del resto, Fusaro, l’economia nella forma compiuta della teologia.
Anche Fusaro parte dal mito, dalla metafisica greca del finito, dell’armonia, quando il capitale era considerato astratto e tutto, nella polis, si svolgeva secondo i canoni del limite e della misura, concepiti come norma sociale, quando il cosmo era proiezione della polis stessa che vedeva nella illimitatezza e nella dismisura la distruzione dell’ordine sociale.  Nell’ “Antigone”, Sofocle accusa il denaro di aver devastato le città e di aver istruito le menti umane a concepire il male e persino il delitto, parole che riecheggiano nel noto monologo di “Timone d’Atene” di Shakespeare, quando Timone, dopo aver diviso le ricchezze con gli amici, diventato povero, è abbandonato da tutti: “Avanti, o dannato metallo, tu prostituta comune dell’umanità, tu che rechi la discordia tra i popoli…, tu dio visibile che fondi insieme le cose impossibili e le costringi a baciarsi” (Atto IV).
Oggi, il sistema globalizzato ha permesso l’affermazione dell’illimitato, generando “il cattivo infinito”, dovuto all’accumulazione illimitata del capitale, alla dismisura del profitto, a quello che Elias Canetti ha definito: “Il moderno furore dell’accrescimento”. “Minima Mercatalia” allude a come il mondo post-moderno abbia abbandonato le tradizionali divinità per consegnarsi ad una divinità monoteistica, quella del mercato, generando una religione sui generis, senza dogmi, il cui culto consiste nell’accumulazione illimitata di ricchezza. Questo è potuto avvenire dopo la crisi, dopo la fine del capitalismo dialettico, che, per alcuni studiosi, ha coinciso con “la fine della storia”, con l’assolutizzazione del capitale, con la creazione, non di un nuovo dio, bensì di un mostro o di un diavolo diverso, come lo chiamava Goethe. Le tappe, che Fusaro attraversa, conducono dall’astratto all’Assoluto , dopo la scomparsa del Dialettico, tappe che sfociano in una forma di egoismo planetario, dove l’Essere ha perduto persino la misura del tempo.

“Minima Mercatalia. Filosofia e capitalismo”, di Diego Fusaro. Bompiani editore, 2012. Pagg. 502. € 13.90