Oggi, il Creatore è stato sostituito dal dio macchina. Addio metafisica. E il concetto di anima è andato a farsi benedire

(di Andrea Bisicchia) Mi sono occupato, sulle pagine di questo giornale, di Peter Sloterdijk, recensendo “Critica della ragion cinica”, edito da Cortina, che ora ci propone una raccolta di saggi dal titolo: “Dopo Dio”, mettendoci dinanzi a una riflessione che, dopo la crisi della metafisica, accentuata dal crepuscolo degli dei, si estende al rapporto tra cultura e teologia, in una società sconvolta dal mito delle macchine.
La teologia aveva dato una immagine del Creatore come un protettore delle nostre anime, funzione che venne messa in crisi dalla filosofia di Nietzsche, sintetizzata nella formula “Dio è morto”, con cui ammetteva l’incapacità di Dio a gestire l’esistenza e a organizzare un programma di salvezza per l’essere umano. Sloterdijk, essendo, oltre che un filosofo, uno storico della modernità, d’accordo con chi ha decretato la “fine della storia”, è anche convinto che si potrebbe fare a meno di Dio, perché, a causa di questa fine, non ci sarebbe più nulla da creare. È come se Dio e la Storia avessero scoperto la loro fragilità, essendo, entrambi, diventati mortali, poiché l’immortalità si è svuotata dei suoi contenuti classici, quando era considerata una forma di appartenenza che la distingueva da ogni forma mortale.
Gli dei della classicità avevano creato, con l’immortalità, una specie di regime. Quando questo fu sostituito dal regime cristiano, l’immortalità divenne una promessa per i fedeli, ai quali veniva concessa dopo la morte, al contrario dei mistici che la pretendevano in vita, sentendosi in simbiosi con Dio. L’essere umano, quindi, nel suo nascere, aveva stipulato un contratto col Creatore che scadeva con la morte, quando avrebbe dovuto restituire l’anima. Grazie a questa “paralisi metafisica del futuro”, il cristianesimo ha potuto vivere per millenni.
Alla fine dell’Ottocento, si assiste a una sorta di assalto alla metafisica, tanto che non erano più sufficienti né la Ragion pura né la Ragion pratica. Per giustificarla, occorreva l’apporto della Ragion cinica, che, dinanzi alla crisi di civiltà di fine secolo, lanciava l’accusa di inettidutine e di insufficienza nei confronti della metafisica.
Anche la teologia stava vivendo la sua crisi, senza il suo apporto, Dio non poteva più capire il mondo. Si assiste, così, alla fine di un ciclo e, nello stesso tempo, si prospetta l’inizio di un altro ciclo, quello del dopo Dio. Tutto è sottoposto all’usura, anche l’ontologia dell’essere, diventato sempre più parziale, ha messo l’uomo nelle condizioni di essere ciò che è ed il Destino di essere ciò che accade. Il dissolvimento del divino è dovuto al nuovo rapporto che si è venuto a creare tra Cultura e Natura che, a sua volta ha favorito il dissolvimento del concetto di anima.
La cultura, di cui parla Sloterdijrk, non è certo quella di matrice umanistica, bensì tecnologica o, meglio ancora, quella dell’intelligenza artificiale, che ha permesso il sopravvento della “macchina” sull’uomo, ovvero quella di un “umanesimo”, generato dalla robotica.

Peter Sloterdijk, “Dopo Dio”, Raffaello Cortina Editore 2018, pp 324, € 26