Omaggio a Monicelli. Il film era un’altra cosa, certo, ma anche in teatro scattano momenti d’intensa commozione

collage grande guerraMILANO, venerdì 23 ottobre  ● 
(di Emanuela Dini) Storie di soldati in trincea durante la Prima guerra mondiale, fronte del Piave. Soldati semplici, buttati in guerra contro la loro volontà, chi aveva cercato la scappatoia di farsi riformare ma non c’è riuscito, chi sogna di tornare a casa a coltivar la terra e mungere le vacche, chi le tenta tutte per imboscarsi. Romani, siciliani, brianzoli, napoletani… tutti vittime di un militarismo cieco e arrogante. Fraternizzano mentre cercano di sfuggire ai cecchini e evitare situazioni pericolose.
Liberamente ispirato al film capolavoro di Mario Monicelli “La Grande Guerra”, cui fa omaggio con più di una battuta testuale (“È sempre mejo ‘n amico morto che ‘n nemico vivo!”, “Fegato dicono… Quelli conoscono soltanto fegato alla veneziana con cipolla” ), “La Grande Guerra di Mario” in scena al teatro Manzoni, con Debora Caprioglio nel ruolo della prostituta che fu di Silvana Mangano e Edoardo Sylos Labini in quello del pavido eroe Mario (nel film era un Alberto Sordi che per quel ruolo vinse il Nastro d’Argento nel 1960 come migliore attore protagonista) vuole ricreare il disorientamento e lo sconforto della trincea e l’illogicità della guerra.
Operazione perseguita con una messa in scena che per strappare un sorriso si affida anche a spunti comici e gag grottesche, e si arricchisce di una suggestiva colonna sonora di canzoni della Grande Guerra, intonate dal vivo con sussurri e sonorità da cori degli Alpini.
In due ore scarse di spettacolo (due tempi con intervallo di 15 minuti) si dipana la vicenda di Ambrogio, timido innamorato che verrà freddato da un cecchino; Mario, che da pavido e opportunista morirà da eroe con la battuta “Vi faccio vedere come muore un italiano” (che riporta alla vicenda della guardia giurata Fabrizio Quattrocchi, rapito e ucciso in Iraq nel 2004); Adalgisa, la prostituta che si vende agli austriaci per ottenere documenti falsi e scappare in America.
Siamo lontani dal pathos, dramma e poesia del film di Monicelli, ma alcuni momenti toccanti (la morte di Ambrogio, l’invettiva contro il capitano) riescono ad assumere uno spessore più profondo e drammatico.
Un pubblico foltissimo ha applaudito più di una volta a scena aperta e ha accompagnato cantando e battendo le mani la sequenza finale, con l’annuncio della fine della guerra e il coro di “’O surdato ‘nnammurato”.

“La Grande Guerra di Mario”, liberamente ispirato al film “La grande guerra” di Mario Monicelli, drammaturgia Angelo Crespi, con Edoardo Sylos Labini e Debora Caprioglio, regia Edoardo Sylos Labini. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano – Repliche fino all’8 novembre.